Tutta la musica (digitale) del mondo
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Corrado Calza | giornalista | comunicazione | FIMI | mp3 | Spotify | #iocomunicando | #noSEO
Anche in musica il digitale segna quel proverbiale spartiacque che già abbiamo imparato a conoscere in altri campi. Non tanto il CD quanto piuttosto l’mp3, il download e lo streaming ci hanno portato ad ascoltare tanta musica come mai prima d’ora. Già da tempo ce lo confermano, dati alla mano, i signori della FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana).
Prima del digitale, “i ricchi” compravano i dischi, mentre “i poveri” ascoltavano alla radio la musica che questa proponeva loro, senza quindi poter scegliere. Ora “i ricchi” continuano a comprarsi i dischi (vinili inclusi, di cui ciclicamente celebriamo la rinascita) ma anche “i poveri” possono sfuggire alle logiche broadcast – naturalmente al netto delle playlist – grazie alle formule freemium offerte dalle diverse piattaforme di distribuzione musicale. Per dirla in termini tecnici, la smaterializzazione del prodotto musicale ha svincolato il consumo dal possesso del bene supporto – LP, MC o CD che sia – e la possibilità di fruire del prodotto musicale mediante strumenti non dedicati, in primis con lo smartphone, ha allargato a dismisura le occasioni di fruizione e con esse di riflesso la platea di ascoltatori raggiungibile.
Ciò da una parte costituisce una forma progresso, potremmo dire di democratizzazione. Mentre dall’altra, l’avvento del digitale ha trasformato radicalmente le modalità del consumo musicale. I negozi di dischi sono scomparsi mentre gli album e lo “stereo hi-fi” in camera sono stati sostituiti dai singoli, dallo streaming e dagli smart-speaker per ascoltare la musica in mobilità.
Qualcuno potrebbe sollevare questioni legate alla qualità della riproduzione sonora, per altro facili da condividere, considerato che Spotify offre un’opzione Normal a 96 kbps, una High a 160 kbps e una Extreme a 320 kbps, disponibile quest’ultima però solo agli utenti Premium.
Altri potrebbero osservare come la potenziale disponibilità di tutte le musiche del mondo in abbonamento apra le porte al rischio disaffezione da eccesso di offerta (gli inglesi parlano di Overchoice Syndrome), anche se, per evitare questo rischio, sono state inventare le playlist più o meno automatiche.
Senza contare infine che, secondo gli operatori, la concorrenza tra le diverse piattaforme di distribuzione musicale si giocherà in prospettiva sul piano dei contenuti extramusicali e multimediali, in grado di offrire un’esperienza “aumentata” più completa. Dalle informazioni relative agli artisti coinvolti nella realizzazione del brano ascoltato, alla produzione in tempo reale di videoclip frutto dell’interazione tra Big Data, Intelligenza Artificiale e Realtà Virtuale.
Anche tutto questo rappresenta un progresso: oggi possiamo ascoltare la musica in religioso silenzio nella penombra della nostra casa accoccolati in poltrona, ma possiamo anche sentire una playlist di musiche rilassanti selezionata automaticamente da un algoritmo, che conosce perfettamente le nostre preferenze, mentre guidiamo nel traffico; persino vivere l’esperienza immersiva di un concerto, indossando un visore VR, e così poter andare in giro per il palco persino a fare degli scherzi: staccare il filo del microfono al cantante o toccare il sedere alla corista.
Ora però la mia domanda è: come impatta questo nuovo modello di fruizione sulla natura del legame affettivo tra l’ascoltatore e la musica?
L’esperienza si espande, la fruizione si arricchisce di nuovi stimoli, il perimetro dell’ascolto viene ridefinito, il piacere che deriva dal possesso del feticcio (LP, MC o CD che sia) è definitivamente cancellato, il rapporto con il musicista passa dall’adorazione estatica del suo poster appeso con lo scotch sul muro in cameretta alla condivisione della sua vita istante per istante sui Social e così, nel modello di fruizione dominante, la musica cede inevitabilmente la propria centralità.
Ebbene, chiunque dovesse pensare che tutto questo rappresenta in qualche modo uno svilimento, la fine di un’intimità, la rottura di un incantesimo è solo un vecchio nostalgico e passatista... come me.
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