Social: i rischi della libertà
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Corrado Calza | giornalista | content | social | socialmedia | comunicanzione | #iocomunicando
Io sono un comunista della vecchia guardia, l’anagrafe non mente, marxista leninista… come non ce n’è più in giro. Ho un collega, direi che posso anche chiamarlo ormai un amico, invece destrorso, molto destrorso. Sono 30 anni che ci punzecchiamo più o meno fraternamente a ogni buona occasione; ci siamo anche scannati un paio di volte, ma abbiamo anche fatto delle belle discussioni sui massimi sistemi in pausa pranzo.
Ieri è stata organizzata la festa per la sua pensione e io, come goliardata finale, gli ho regalato una (orribile! Scelta orribile apposta, ovviamente) statuetta del duce trovata su Amazon. Ci siamo fatti una bella risata.
Purtroppo era presente anche un altro collega che, da cretino patentato, ha fatto una foto e l’ha postata. Tempo zero secondi, decine e decine di Like e una valanga di commenti che davano a me del fascista. Cristo che nervi! Non sono più libero di fare uno scherzo a un amico senza correre il rischio di trovare una legione di imbecilli che si permette di insultarmi senza saperne mezza? Ma belìn, fatti i fatti tuoi!
“Sono le regole dei social” mi sono sentito rispondere. Per piacere non diciamo eresie! Non è che se io ho la libertà di fare lo scemo con un amico, allora uno sconosciuto di conseguenza deve pensare di avere per forza la libertà di insultarmi. Perché altrimenti io posso credere poi di avere a mia volta la libertà di andare lì a spaccargli la faccia e l’escalation non si ferma.
“Se non ti piace puoi anche andartene. Nessuno ti obbliga ad avere un profilo social”. Ah, io devo andarmene, non l’imbecille che mi insulta senza nemmeno sapere chi sono? Ma fatemi il piacere!
E l’algoritmo? Cosa ci sta a fare? Se è così tanto bravo da riconoscere le coerenze tra il mio profilo e contenuti che posto, tra i miei commenti e i messaggi a cui presto maggiore attenzione, tutto solo per mandarmi le pubblicità “più giuste per me”, perché allora non li cancella lui da solo ‘sti commenti che con me non c’entrano una beneamata mazza? Quanto meno segnalameli, dico. Porcaccia la miseria, lo sai che sono comunista duro e puro. Se uno mi dà del fascista significa che o ha sbagliato persona o non ha capito un emerito c… della vita.
Me lo dice sempre la mia compagna che mi comporto ancora come un bambino e che dovrei smettere di giocare con quelle cose lì, che poi combino dei casini. Ma a me 'ste cose tecnologiche mi piacciono; coi social, con Internet, mi ci diverto. Ci sono tante cose interessanti... Solo che è anche pieno di emeriti idioti, che ogni tanto ti passa la voglia. Per fortuna, dopo un po' è venuto lui, con la mia statuetta ancora in mano, e abbiamo guardato assieme i commenti. Scuoteva la testa sconsolato e solidale. Se lo conosco, probabilmente aveva in testa qualcosa a base di olio di ricino. Mentre io piuttosto devo cominciare a preoccuparmi: a me una bella letterina di richiamo non me la toglie proprio nessuno 'sta volta. Ma che storia balenga!
Ripensando a una “nostalgica” festa di pensionamento in una sede del Comune di Napoli a fine gennaio e a tutti coloro che postano le immagini delle loro “bravate” e il giorno dopo si trovano la polizia alla porta.
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