Renzi e la (quasi) litote. Uno spunto di creatività per il business
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Certamente capita anche a voi di leggere o di sentire da qualche parte una frase che poi vi rimane in testa perché una rotellina, da quel momento, si mette a girare. Trrr… trrr… trrr… Avete un neurone che continua a lavorare per conto suo alla caccia di una risposta. Poi un giorno, magari anche dopo diverso tempo, capite il perché e trovate la ragione di quella sottile ma feconda attività cerebrale. Un’illuminazione. A me capita spesso e l’ultima volta è stata alla fine del mese scorso quando, durante una conferenza stampa relativa alla cosiddetta questione Open, nei telegiornali e in rete, abbiamo sentito Matteo Renzi dire: «Io non sto attaccando l'autonomia della Magistratura. Sto difendendo l'autonomia della politica!».
Una bella capriola espressiva, costruita in maniera semplice, diretta e di sicuro effetto, che permette di negare ciò che si vuol dire affermando il contrario. Come se il signor Balocco nella sua pubblicità recitasse la battuta: «…Non dico che i biscotti dei miei concorrenti sono cattivi, dico solo che i miei sono molto buoni.»
Il messaggio “aggressivo” (attacco alla Magistratura, biscotti della concorrenza cattivi) passa ugualmente ma la sintassi indiretta permette:
- di non assumersi le responsabilità di ciò che si afferma e quindi
- di non attirare su di sé alcun biasimo e infine
- di lasciare persino l’impressione di un segno di apertura, di una disponibilità al confronto.
Quindi, un moderno e politically correct Robin Hood non ruba ai ricchi, lui dona ai poveri. Perde sì il fascino dell’eroe giustiziere ma diventa paladino del buonismo – ottima cosa di questi tempi – e, non ultimo, evita di essere quotidianamente braccato dallo sceriffo di Nottingham.
Potremmo pensare a qualcosa di vicino alla litote: figura retorica che, secondo Treccani, “consiste nella formulazione attenuata di un giudizio o di un’idea attraverso la negazione del suo contrario.” E, secondo la Grammatica Italiana del Serianni, permette di formulare “un giudizio o fare un'affermazione adoperando la negazione di una espressione di senso contrario ovvero attraverso l'understatement. Si ha quando si sostituisce un'espressione troppo cruda con la negazione del contrario.”
Un terrapiattista, novello Galileo, per cavarsi d’impaccio potrebbe fintamente abiurare: «Non vi dico che la terra è piatta. Vi ricordo soltanto che l’acqua non si può curvare» e, così, come dargli torto? Va bene l’effetto “menisco” ma non esageriamo!
Un giovane manager rampante, in vena di inglesismi, potrebbe dire: «Noi non raccogliamo i dati dei nostri clienti. Noi tracciamo il loro il customer journey per migliorare l’experience.» Sì, ma come si può tracciare il customer journey senza raccogliere man mano i dati?
Un imprenditore, forse anziano e probabilmente votato al suicidio, potrebbe dire: «Io non nego l’importanza dell’innovazione. Io conservo gelosamente le antiche tradizioni.» Un approccio di nicchia al mercato che, a volte se non spesso, paga ma ci vogliono le p***e per renderlo davvero profittevole!
Ecco, in precario equilibrio sul sottile filo dell’ironia, il “gioco” è questo: un dire per non dire, o meglio, un non dire per dire. Un rovesciamento dell’ottica, uno spostamento dell’attenzione, che è alla base – per esempio ma non per caso – di molta prestidigitazione.
Attenzione però ai “falsi amici”: un claim come «Io non spingo il mio prodotto ma attiro i clienti» è rischioso perché, come dicevamo prima, il messaggio apparentemente negato passa ugualmente e in questo caso non è un bene. Inoltre, l’intera frase contrasta con il senso di altrettanto apparente apertura e disponibilità che l’espressione lascia intendere. Si produce quindi una distonia che l’attenzione coglie inevitabilmente, anche se in modo inconscio. Con il pericolo di generare diffidenza e rifiuto, ossia un effetto del tutto contrario a quello desiderato. Di te che non spingi ma attiri non mi fido. Non ho capito ancora bene perché, ma non mi fido. Vedrai che prima o poi, dai e dai, lo capisco il perché. Nel frattempo il tuo prodotto… Aspetto a comprarlo.
Attenzione anche all’uso di questa tecnica in frasi come: «Io non do risposte. Io faccio solo domande.» Immaginate la conclusione di un discorso pubblico o di un articolo. Sono un ottimo disclaimer, ma con un doppio senso, anche troppo evidente, che suona non poco sibillino.
Alla fine, come capita sempre quando si parla di creatività, la sfida è impegnativa e, al tempo stesso, stimolante. Accettarla può essere proficuo: indicare l’uscita da un cul-del-sac, sviluppare al volo un’idea di real-time marketing o permettere un affondo senza temere troppe conseguenze. Per chi vuole cimentarsi allora buon lavoro e, al tempo stesso, buon divertimento.
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