Pubblicità postale. Un centesimo di beneficenza

03/11/2016 21:31

Ripenso alla storia di un amico che tempo fa smise di sostenere un progetto di adozione a distanza perché l'associazione promotrice dell'iniziativa gli inviava tutte le comunicazioni via posta due volte. Una piccola differenza nell'intestazione aveva creato due record diversi nell'indirizzario; tanto per capirci, una cosa come Tizio Caio - via Pinco Pallo... e Tizio Caio - via P.Pallo…
Mi disse che aveva scritto, senza nessun esito, numerose lettere per segnalare quello che all'atto pratico era uno spreco minimo ma che, moltiplicato per chissà quanti altri donatori, alla fine poteva rappresentare una voce di spesa forse non importante ma comunque inutile. Sosteneva poi, il mio amico, che una simile disattenzione poteva essere considerata anche spia di una cattiva condotta più generale e quindi segnale di scarsa serietà.

Sia detto, a scanso di equivoci, che nutro massimo rispetto e considerazione per molte di queste iniziative. Come il mio amico però, ho sviluppato anch'io, con l'esperienza, una quale sfiducia motivata dalla grande cialtroneria presente spesso anche in questo settore.

In pratica, non amo fare beneficenza per interposta persona: di certe cose preferisco occuparmi in maniera diretta facendo per esempio volontariato; tendo quindi a mantenere le distanze da ONLUS et similia. Ciò nonostante, in barba alla privacy, anche il mio indirizzo è finito nel circuito delle istituzioni solidali.
In senso più generale inoltre, tendo a considerare il canale della pubblicità postale come qualcosa di ormai obsoleto e scarsamente efficace, anche se il persistere di un utilizzo massiccio e “a strascico” di questo strumento, sembri dimostrare l'esatto contrario. 

Fatto sta che l'altro giorno nella cassetta della posta trovo una comunicazione del Banco Alimentare e, attraverso la finestra trasparente nella busta, vedo una moneta da un centesimo. Non è una fotografia o un disegno ma una moneta vera, che sento chiaramente sotto le dita, incollata sulla lettera ripiegata dentro la busta. Lo ammetto, sono incuriosito. Bravo Banco Alimentare: hai conquistato se non altro il mio interesse.
Apro la busta e leggo. Il messaggio è chiaro e semplice: “Moltiplichi adesso il centesimo che ha ricevuto con una donazione economica...” Accluso, un bollettino postale.
Solo una frase, in un paragrafo precedente, mi lascia perplesso, molto perplesso, e recita così: “Le assicuro che nemmeno un centesimo della sua donazione andrà sprecato...” Ad annunciarlo è il presidente del Banco Alimentare in persona: Andrea Giussani, che firma la lettera.

Rigiro la monetina tra le dita e mi domando se sia solo una sottigliezza oppure se il mio amico abbia ragione da vendere. Questo centesimo mandato a chissà quanti altri potenziali donatori oltre a me, non è un clamoroso controsenso? Va bene l'artificio retorico, ma qui colgo una precisa incoerenza, un po' come il paradosso del nuovo Pocket Coffee decaffeinato o la sostanziale contraddizione di un McDonald's con il servizio al tavolo. Sarà anche solo un centesimo di euro, ma l'impressione è proprio quella di uno spreco già in partenza, sin dalle prime intenzioni. Temo cioè che l'idea stessa alla base della campagna possa essere ciò che ne decreta il fallimento.
Oppure è solo che col tempo sono diventato oltremodo pedante?