Pandemia e parità di genere

01/02/2021 12:42

Il dibattito circa la work-life balance e lo smart working (lavoro agile, da remoto, da casa… Qui la polemica per l’esatta definizione non ha importanza) si snoda solitamente intorno a due temi principali: i tempi e i luoghi.

Nel primo caso, da una parte c’è chi denuncia il crescente imporsi dei tempi della vita professionale sui tempi della vita privata, per cui “…Finisce che non stacchi mai”. Dall’altra c’è invece chi coglie i lati più suggestivi delle nuove forme di lavoro e parla di libertà, scelta, indipendenza e autodeterminazione, sul filo di un’etica futuribile che gioca a rimpiattino con i massimi sistemi.
In relazione invece al tema dei luoghi, su uno stesso piano di fiducia ed entusiasmo si muove chi immagina, in un futuro non troppo lontano, eserciti di professionisti svolgere i loro incarichi da località fantastiche e insospettabili, lap top in grembo, Ray-Ban a specchio sul naso e bibita ghiacciata al fianco. Gli altri, più realisticamente calati nel qui e ora, guardano invece con apprensione a chi oggi svolge le proprie mansioni nella cucina di un appartamento, in un condominio di una grande città.

 

Equazioni di luogo e tempo

Questa pandemia ha imposto cambiamenti radicali e improvvisi a un sistema impreparato. La diffusione delle pratiche di smart working non solo ha reso più sottile e ambiguo il confine tra tempi e luoghi della vita lavorativa e della vita privata, ma ha anche tolto significato all’equazione ufficio sta a luogo-di-lavoro come casa sta a luogo-di-abitazione. E ancor di più ha tolto significato all’equazione uomo sta a ufficio come donna sta a casa.

L’immaginario culturale in cui l'uomo esce di casa e si reca sul posto di lavoro, mentre la donna sta a casa e si occupa delle faccende domestiche, in cui l’uomo interpreta un ruolo sociale e politico, mentre la donna espleta funzioni familiari e genitoriali, vacilla e disorienta le parti, rende incerti i rapporti e innesca un gioco dinamico di continua negoziazione e sintonia, di riorganizzazione e ristrutturazione, di patto e di compromesso.

Le necessità contingenti stanno rinnovando con forza il bisogno di una trasformazione che va ben oltre il superamento del modello di famiglia tradizionale, conservatrice, reazionaria e anacronistica, ancora però ben radicata in molte parti del mondo, incluse latitudini vicine a noi.

 

La parità di genere

Le lotte e le diverse forme di impegno sociale hanno portato la donna a un progressivo affrancamento dal suo ruolo di "angelo del focolare" e l'uomo, di riflesso, a cedere parte delle proprie quote di potere. Ma anche gli "accidenti" della storia, le mutazioni dell’ambiente hanno da sempre in questo processo un peso di non poco conto. Si pensi alla Seconda Guerra Mondiale o alla diffusione della pillola contraccettiva. Oggi sono invece il lock-down e il consistente impiego di soluzioni all’avanguardia in ambito lavorativo a promuovere il cambiamento, anche per la donna.

E allora, è davvero tanto bislacco immaginare che la pandemia possa impattare favorevolmente sulla questione dell’equilibrio di genere? E immaginare che la costante sovrapposizione e sovrascrittura degli spazi abitativo e lavorativo finirà per correggere anche l’equazione uomo sta a retribuzione maggiore come donna sta a retribuzione minore? Quanto meno contribuire, in prospettiva. È davvero tanto folle immaginare che il cosiddetto soffitto di cristallo vada in frantumi e vedere le donne accedere a cariche operative di vertice con la giusta frequenza? E immaginare una donna libera di sviluppare una propria modalità di leadership per smettere di replicare il logoro modello di riferimento “maschio alfa” e alla fine non essere soltanto “Stronza come un uomo” (© Roberto Vecchioni, 1992).

Dite che sono troppo ingenuo? Che sono un idealista o soltanto un po’ naïf?

Forse. Però, se guardo le generazioni più giovani, osservo il loro essere gender fluid e penso che, maturando insieme ai ragazzi, questo pensiero saprà allargare il proprio orizzonte di intervento oltre gli aspetti relativi alla percezione del sé e all’auto rappresentazione, all’orientamento affettivo e al comportamento sessuale. Saprà mutare da fenomeno sociale a espressione sociale, abbandonare le derive più estreme e “glamour” per poter ridefinire il quadro delle relazioni interpersonali in senso più generale e riuscire così ad archiviare le questioni di parità di genere una volta per tutte!

Resto sempre un idealista, un po’ naïf, che lavora troppo con l’immaginazione?

Mah, vedremo…

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