L'ossimoro del nostro futuro

05/10/2014 21:36

Giovedì 2 ottobre scorso si è tenuta a Milano la XIV edizione di Job Meeting, momento di incontro tra lavoro, formazione e orientamento, organizzato dalla Provincia di Milano. Praticamente il mercato delle vacche: decine e decine di giovani (insieme ad anche più di qualche meno giovane) in piedi, con in mano una stampa del loro bravo curriculum, in fila davanti agli stand degli espositori. C’erano università e Business School, ma anche banche, assicurazioni, grande distribuzione, media eccetera.

Durante una delle conferenze in calendario, veniva stigmatizzato proprio questo paradosso: là dove i lavoratori di domani si confrontano con il loro lavoro futuro, è anacronistico vedere persone in coda e pile di fogli A4. Impensabile, oggi che il mondo è social e mobile. Eppure la cosa non dovrebbe stupirci più di tanto se consideriamo normali le Agenzie per il lavoro che sembrano dei negozi con tanto di vetrina sulla strada e i manifestini con l’offerta del giorno.

Il vostro CV, spiegava la conferenziera, deve raccontami non solo chi siete e cosa sapete fare ma, cliccando direttamente sulla mail che ricevo, deve anche permettermi di arrivare al vostro profilo Linkedin e darmi accesso a tutta la vostra attività sui vari social.

Il giorno successivo mi reco a un appuntamento appena fuori Milano. Lascio il mio ufficio in Cordusio e prendo la metropolitana in direzione Bisceglie. Molti timbrano il biglietto, qualcuno ha la tessera NFC, nessuno mostra il display del proprio telefonino al controllore ai tornelli d’ingresso, come di recente mi è capitato di veder fare a Stoccolma.
Già dopo la fermata Conciliazione, il numero di passeggeri che leggono il quotidiano gratuito “Metro” è decisamente superiore a quanti invece sono impegnati su smartphone e tablet; forse se andassi nell’altra direzione, cioè verso la nuova fiera, le cose sarebbero diverse.
All’uscita della stazione, una ragazzina mi mette in mano un volantino in formato A5 con la pubblicità di un nuovo sito per ordinare pizza e kebeb a domicilio. Il collega che incontro, salutandomi, mi lascia compiaciuto un prezioso catalogo in carta riciclata PFC e mi invita a consultare il sito per approfondimenti.

Ammettiamolo, fatta eccezione per chi opera all’interno di determinati ambienti, comunque ancora limitati in termini numerici, il rimanente di noi italiani resta sempre legato saldamente alle proprie tradizioni. La carta ci piace in qualche maniera. Troviamo più facile ancora aprire un cassetto e tirare fuori una brochure, piuttosto che attivare una connessione Internet per andare a leggere le stesse informazioni su un sito web. Lo dimostrano impietosamente i rapporti europei che ci posizionano al di sotto della media, non solo per quanto concerne la diffusione delle infrastrutture (banda larga, wi-fi pubblico, informatizzazione domestica…), ma anche per la scarsa propensione agli acquisti onLine. In questo scenario quindi, è anche legittimo domandarsi se l’impresa italiana non possa persino diffidare di un giovane troppo orientato verso le cosiddette “nuove tecnologie”.

Insomma, pretendere dalla prossima generazione di lavoratori un entusiasmo smisurato per l’onLine e una drastica distanza dall’offLine, oggi è eccessivo. A loro piuttosto tocca un compito più difficile e, in un certo senso, coraggioso: sviluppare una doppia competenza e assumere il ruolo di figura di transizione in grado di avvicinarci progressivamente agli standard europei. Senza, naturalmente, dimenticare ciò che rende il nostro paese unico, conosciuto e apprezzato nel mondo. 

Tradizione e modernità allo stesso tempo, quindi, un vero e proprio ossimoro. Per fortuna noi di ossimori siamo dei grandi esperti.