Nuove regole per tutti
Tags:
Corrado Calza | giornalista | Post verità | Fake News | False Truth | Formazione | Analfabetismo
Il Web contamina la realtà quotidiana o, dal versante opposto, la realtà quotidiana è permeata dal Web. Affermarlo non è più una novità né uno scandalo. È un'ibridazione, che fino a non troppo tempo fa avremmo considerato soltanto fantascienza, di cui oggi misurare pregi e difetti. Dei vantaggi rallegrarsi e dei rischi occuparci seriamente quanto prima.
Bisogna partire dalla considerazione che ogni aspetto della nostra quotidianità avviene, in pratica, su un duplice piano, reale e virtuale, con la naturale tendenza a rimbalzare da uno all'altro. Qualcuno diffonde una bufala che diventa istantaneamente virale, in un attimo supera gli ambiti della rete e raggiunge l'opinione pubblica a qualsiasi livello? Qualcun altro dovrà preoccuparsi di smentirla, impiegando ogni mezzo disponibile. Ma anche in senso contrario: perché non sfruttare il potere delle Fake News, pilotandone intenzionalmente a proprio vantaggio gli effetti, prima sul Popolo della Rete e poi di riflesso sull'opinione pubblica?
I problemi della vita reale sono i problemi nel Web e viceversa. La crescente complessità dello scenario internazionale crea un senso di profonda insicurezza nell'opinione pubblica e le Istituzioni non sono in grado di esprimere un governo credibile? Lo stesso accade simbolicamente anche nel Web, dove l'allargamento degli spazi personali e l'eccesso di disponibilità di fonti e contenuti porta al disorientamento. Altrettanto paragonabili sono poi in qualche modo anche le soluzioni proposte sui due piani: qualunquismo, populismo e demagogia, azioni semplici ed estreme, culto del capro espiatorio da una parte e dall'altra orizzontalità, azzeramento dei valori di autorevolezza e competenza, allontanamento dal pensiero istituzionale.
Le minacce potenziali di una simile situazione, che per molti aspetti è ancora pesantemente al di fuori del nostro controllo, sono evidenti. A chi tocca allora correre ai ripari?
Alla scuola, cui spetta il compito fornire alle nuove generazioni i giusti strumenti per sviluppare un proprio senso critico con cui avvicinarsi ai contenuti in rete. Alla cultura in senso lato, che deve occuparsi dell'utenza adulta, la parte più impreparata della società. A noi operatori dell'industria dell'informazione infine, che dobbiamo riconquistare una reputazione e una fiducia perse, che vogliamo tornare a veder riconosciute le nostre competenze e che sentiamo la responsabilità di un ruolo di controllo e di guida. È una questione di etica e non l'invettiva di chi vede erose quote del proprio potere o teme di poter perdere il posto di lavoro. Nei media tradizionali, l'editore e il direttore hanno il compito di approvare i temi in agenda, nei formati digitali invece è l'utente che decide, in teoria, cosa sia importante e cosa no. In teoria perché non bisogna sottovalutare il ruolo di organizzazione e di selezione che con sempre maggiore fiducia affidiamo alle varie piattaforme.
In ogni caso ora tutti dobbiamo imparare le regole di questo nuovo gioco e qualcosa su questo fronte sembra già muoversi, stando a quanto da oltreoceano raccontano i grandi gruppi editoriali ‒ le “corazzate dell'informazione” ‒ che segnalano un interesse di ritorno, specialmente verso la stampa di alto profilo, spinto dallo sfacciato uso di post verità da parte della nuova amministrazione USA.
E, come primo segnale, questo a me non sembra male.
Leggi anche: Censurare l'informazione. Perché no? Ma comunque, viva la libertà!