Meritocrazia? Proprio adesso? E come?
Tags:
Corrado Calza | Milano | comunicazione | giornalista | lavoro
In tema di lavoro, oggi, insieme all'Articolo 18, un grande tormentone è la Meritocrazia. Tanto tormentone che ormai ha finito per cadere nella trappola del – come dicono i linguisti – "annullamento semantico". A suon di parlarne, più o meno con cognizione di causa, in modi e tempi più o meno appropriati, abbiamo perso il senso del termine, così come non ne abbiamo mai avuto una vera pratica, in realtà. Non adottiamo infatti politiche premianti sul merito così come ancor meno frequentiamo politiche punitive del demerito.
Abbiamo persino caricato la parola stessa di una valenza negativa. Riteniamo, da sempre, che la Meritocrazia sia qualcosa di sbagliato! Forse esagero dicendo che probabilmente la contrapponiamo al concetto di "Anzianità" come luogo della conservazione delle antiche buone tradizioni e quindi come miglior parametro su cui basare gli scatti di avanzamento di una carriera.
In pratica, riconoscere il merito significa premiare efficienza e produttività (nel peggiore dei casi il presenzialismo). Solo raramente l'innovazione, il cambiamento e anche il conseguente coraggio di sbagliare (e mettere così a repentaglio la propria reputazione e la carriera). Per quello ci sono i talenti, che spesso si vanno a cercare sul mercato esterno, ignorando le risorse già presenti in azienda di cui basterebbe valorizzare e potenziare le naturali propensioni e attitudini (missione comunque a ben vedere tutt’altro che facile).
Non servono quindi supereroi che, giunti dagli spazi siderali, salvino l'azienda sfoderando armi ipergalattiche. Né bastano i bulldozer stacanovisti che la mantengano in funzione a dispetto di tutto e di tutti. Né – sostiene qualcuno – occorrono infine particolari stanziamenti, vista la disponibilità dei meccanismi di incentivazione detti “intangibili”.
Date queste premesse, a mio avviso, una questione cruciale rimane aperta: disponiamo oggi delle risorse (finanziarie, umane, di tempo, organizzative…) e, al di là di tutto, della volontà per operare un cambiamento così radicale, che coinvolge non solo l’adozione di nuovi modelli e strumenti di misura delle performance ma, in senso più ampio, anche esige la vera e propria trasformazione di un atteggiamento tanto fortemente radicato? Ho paura che invece tutti siamo tristemente troppo impegnati a trovare il modo di far quadrare i conti nel nostro day-by-day, che poche energie ci restano da dedicare a questioni, sì fondamentali, ma di più lungo termine.
Considerazioni a conclusione del convegno Sintex "Officina del Merito. Lavori sul valore del lavoro", Milano giovedì 24 settembre 2014.
Proposta di lettura:
|