Meglio un click o una stretta di mano?

18/03/2019 19:12

Stavo leggendo un’interessante articolo di Emanuela Donetti su Data Manager intitolato “Clienti sempre più smart, banche ancora indietro” in cui la CEO di Urbano Creativo (e molto altro) propone le assicurazioni e  gli istituti di credito per «il ruolo di educatore sociale nel caso dell’innovazione » Infatti, «dietro ogni wallet di pagamento per mensa o scuolabus, dietro l’abbonamento in palestra, dietro il contratto telefonico, c’è sempre la nostra carta di credito. Le banche, o i gestori del credito, conoscono più di chiunque i nostri movimenti e le nostre decisioni.» Un ruolo, prosegue la Donetti, «che non può ricadere nei compiti dell’ente locale… (perché) ...i ritmi dell’innovazione vengono dettati dalle esigenze del mercato, che ha tempi e metodi caratteristicamente diversi da quelli del pubblico». Perciò, l’organizzazione bancaria «dovrebbe fornire al consumatore una sorta di “navigatore GPS” delle loro vite finanziarie in futuro. Invece di notifiche di scoperto, ci saranno avvertenze e raccomandazioni per il bilanciamento basso. Invece di “vendere” prodotti...»

Qui mi sono interrotto, fermato da una domanda fastidiosa: come mai anche oggi, nella filiale della mia banca che come altre ha adottato il nuovo modello "smart" in cui non c'è più distinzione tra addetti allo sportello e consulenti finanziari, io continuo comunque ad avere l'impressione di parlare con un venditore? La risposta è ovvia: a conti fatti, tale è il mio interlocutore, seppure accomodato come me su un comodo divanetto in pelle ecologica: un venditore. Dipende da lui, com'è da sempre, e dalla sua professionalità la decisione di propormi un investimento in linea con il mio profilo o di spingere il prodotto su cui maggiori sono margini e commissioni, se non addirittura di truffarmi con titoli spazzatura (ma questa è completamente un'altra storia).
È un venditore e deve fare del proprio meglio per raggiungere gli obbiettivi fissati dalla Direzione Generale.

Ecco, fin tanto che rimarremo “affezionati” a questo paradigma di business, sarà difficile non limitare la trasformazione digitale a un mero restyling degli spazi aperti al pubblico e l'innovazione a una ridefinizione dei ruoli professionali che porta inevitabilmente con sé anche una razionalizzazione fatta di tagli a uomini e filiali. Un processo logistico e funzionale che sembra prediligere la forma alla sostanza ma non arrivare al cuore della questione: creare cioè una reale consapevolezza, tanto nel personale quanto nella clientela.

I manuali di Digital Innovation tendono a semplificare, a schematizzare e ti raccontano:

  • del sostanziale mutamento nei meccanismi che guidano i mercati finanziari ed economici esistenti e della necessità di assecondare i nuovi stili di vita e di consumo.
  • Delle potenzialità e dei rischi delle fusioni tra istituti italiani e gruppi europei o globali.
  • Di impatto economico a breve, atteso dalle iniziative rivolte alla clientela, che si contrappone agli obbiettivi di fidelizzazione a lungo termine. Di Lead Nurturing da non sottovalutare rispetto alla Lead Generation, perché il cliente deve diventare una risorsa per il servizio.
  • Dell'importanza di sviluppare un'infrastruttura di gestione integrata delle informazioni (che per la loro natura digitale tendono a essere abbondanti, ridondanti e spesso destrutturate) ossia di evitare la loro dispersione in sistemi di archiviazione differenti e con scarse capacità di dialogo tra loro.
  • Del favorevole senso di trasparenza che si trasmette offrendo assoluta certezza relativamente alla proprietà dei dati sensibili raccolti e conservati, ossia del giusto equilibrio tra privacy e personalizzazione.
  • Di un’esperienza cliente complessiva, quindi Phygital, perché i touchpoint fisici e territoriali mantengono la loro validità solo se danno un valore aggiunto davvero significativo per il cliente rispetto all’onLine, nel quadro di un ecosistema rigorosamente multicanale.
  • Dell’esigenza di promuovere una piena interazione tra clienti, contenuti, servizi, applicazioni, processi e tecnologie.
  • Della figura del Banker che, nonostante i progressi tecnologici, continua a occupare un ruolo chiave, specialmente per le operazioni più complesse. E della qualità della relazione diretta cliente-consulente, basata anche sull’adeguatezza dei supporti digitali e sulla loro conoscenza da parte di entrambi.

Dotarsi di strumenti adatti a sostenere efficienza e competitività in termini di redditività, sicurezza e flessibilità – si legge ancora – non è che il primo passo per assicurare un futuro al proprio business. Il processo di trasformazione e di sviluppo rimane infatti fermo ai nastri di partenza se in parallelo non aumentano gli investimenti sul capitale umano volti a sviluppare nuove competenze e, appunto, una nuova consapevolezza.
In altri termini, incentivare l’investimento in tecnologie innovative, che rappresentano senza alcun dubbio un importante acceleratore e un supporto fondamentale, ha ben poco senso se non viene adeguatamente affiancato da un percorso di aggiornamento rivolto alle risorse umane che già operano nell'impresa o che vi entreranno domani.

Questo e molto altro raccontano i manuali, il cui mestiere resta comunque sempre semplificare e schematizzare le cose. Ma semplice non significa necessariamente facile. I manuali troppo spesso tendono infatti a sottostimare:

  • tecnologie che diventano obsolete in tempi sempre più ravvicinati;
  • formati vincenti che vengono scalzati dalla sola idea di una novità;
  • intere generazioni di prodotti che scompaiono senza un preavviso sufficiente;
  • comparti manifatturieri, anche i più solidi, che entrano in crisi per il solito proverbiale battito d'ali di farfalla in un altrove qualsiasi del nostro mercato globale;
  • l'innovazione che, “purtroppo”, è un valore aggregato difficile da contabilizzare;
  • la digitalizzazione del lavoro e la deperibilità delle professioni;
  • un clima generale di incertezza normativa, finanziaria, fiscale e non ultimo politica.

Tutti elementi che contribuiscono a rallentare un processo inevitabile, anche perché ampiamente già avviato. Recita il proverbio: il futuro non si può fermare si può solo governare.

Ancora una volta, allora, siamo qui a lamentare come, in tema di comunicazione e specialmente di formazione, su questi argomenti ci siano di fatto ancora molti punti in sospeso, a tutti i livelli: dal mondo della formazione, con cui è importante che l’impresa collabori strettamente, al top management delle aziende, che deve essere pienamente consapevole del cambiamento in corso e convinto che ad abilità tecnologiche sia necessario affiancare non solo un'approfondita conoscenza del mercato ma anche, e forse specialmente oggi nell'era dell'automazione, competenze relazionali per una gestione ottimale della trattativa con il cliente. Il rischio, in linea più generale, è confondere un'opportunità (meglio, una necessità) con l’apparente dilemma che vede contrapporsi un click a una stretta di mano.

 

Leggi anche: La Customer Experience 10 (punti + 3)