Le parole "giuste" esistono!
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Corrado Calza | giornalista | content | scrittura creativa | creatività | storytelling | scrittura | #iocomunicando
Il docente si alza, gira intorno alla cattedra e viene in avanti per parlarci da più vicino. Siamo arrivati al cuore della lezione.
«Dovete usare le parole "giuste", quelle "vive", quelle che non solo dicono il "cosa" ma anche il "come". Mangiare è mangiare, ma gustare o divorare sono un'altra cosa. Capite? In prima stesura scrivete pure quello che vi viene in mente al momento, ma poi rileggete, assicuratevi di aver scritto le parole "giuste" e se non ne siete convinti cercate dei sinonimi. Io non vi posso dire quali sono le parole giuste, né come fare a trovarle, perché tutto dipende dal singolo contesto, dal tono narrativo che state impiegando in quel preciso lavoro, dal ritmo e dall'equilibrio del periodo e dal suono delle altre parole in ogni singola frase. Ma devono essere parole che non stanno ferme, dovete sentirle vibrare...»
È vero, il docente ha ragione: non è possibile fare degli esempi di parole "giuste" e nemmeno insegnare un metodo con valenza universale – one-fits-all – per trovarle. Io però vi propongo un brevissimo esempio, un dialogo, che potrebbe aiutarvi a comprendere forse meglio questo concetto così importante. Vediamo se funziona.
«Vai a quel paese!» Dice lui.
«Ma vacci tu!» Risponde lei.
«Sparisci, esci da quella porta! Ora!» Dice lui.
«Io? Sei tu che te ne devi andare!» Risponde lei.
«Ma non ci penso nemmeno!» Dice lui.
«E allora resta, ma non mi parlare mai più!» Risponde lei.
Dice lui... Risponde lei... Dice lui... Risponde lei... Dice lui... Risponde lei... Che noia! E quanto poco pathos nel loro litigio, nonostante i punti esclamativi (per inciso, troppi). E allora riproviamo così:
«Vai a quel paese!» Sibila lui.
«Ma vacci tu!» Grida lei.
«Sparisci, esci da quella porta! Ora!» Ribatte lui.
«Io? – Incalza lei. – Sei tu che te ne devi andare!»
«Ma non ci penso nemmeno!» Controbatte lui.
«E allora resta, ma non mi parlare mai più!» Ingiunge lei.
Al di là del lessico forzato, semplificato e innaturale, necessario in un esempio, però così ci piace di più, vero? Queste diverse didascalie dialogiche raccontano con maggiore efficacia l'emozione del litigio perché, potremmo dire, sono parole "giuste", "vive", che "vibrano".
Vocaboli, sinonimi e contrari
Ho sentito una volta Baricco fare questo esempio (cito a memoria): "Lanciò il sasso nello stagno per vedere i cerchi allargarsi sulla superficie dell'acqua. Scagliò la pietra contro la volpe per spaventarla e allontanarla dal pollaio." Come a dire che "scagliare" una "pietra" fa più male di "lanciare" un "sasso". Qui però si fa riferimento a precise convenzioni linguistiche: pensiamo alla salma traslata, alla matricola abrasa, alla fasciatura vistosa, eccetera. Mentre i verbi sibilare, gridare, incalzare, ingiungere ribattere e controbattere del dialogo precedente sono parole che, sebbene rimandino anch'esse a espressioni abbastanza consuete, "suonano" più emozionanti nel racconto.
In conclusione, e banale a dirsi, per scrivere bene è importante possedere un vocabolario ampio, saper usare i sinonimi e contrari e, forse più di tutto, avere il gusto di maneggiare, di giocare con le parole.
Bravo! Ma come si fa ad acquisire un buon vocabolario, a imparare l'uso di sinonimi e contrari e a farsi venire il gusto di maneggiare le parole?
Più di tutto, è una questione di pratica.
Primo, bisogna leggere tanto e leggere qualsiasi cosa: da "Guerra e pace", fino al dépliant pubblicitario di un prodotto bio – che garantisce chilometro zero, coltura sostenibile e produzione responsabile – passando per Topolino o Spiderman (a seconda dei gusti). E, più un testo o un argomento sono lontani da ciò che leggiamo abitualmente, meglio è. Però bisogna leggere in maniera "consapevole", in modo analitico potremmo dire, prestando cioè attenzione a quelle figure, a quegli elementi, a quei dettagli, a quelle sfumature, a quelle costruzioni nel testo o nella frase che accendono la nostra curiosità e che, per qualche motivo, intuiamo potrebbero tornarci utili un domani da inserire in un nostro scritto. Parafrasando una vecchia pubblicità: "Rubate gente, rubate!" Arbore pubblicizza la birra negli anni 80.
Secondo, bisogna scrivere tanto e mettersi sempre alla prova con nuove "sfide". Non solo con esercizi di scrittura creativa, ma anche divertendosi (un approccio ludico all'attività della scrittura è sempre fondamentale!) a cambiare forma ogni volta: prima persona, terza persona, presente storico, dialogo, lettera, telefonata eccetera.
Esercizio per giocare con le parole e con i sinonimi e contrari: scrivere, o riscrivere, un testo senza usare parole che inizino, contengano o finiscano con la lettera "M"
Alla fine, se partiamo dal presupposto che la lettura è un' "esperienza", perché una volta attraversata se ne esce cambiati, allora lo scrittore ha la responsabilità di scrivere pensando a come accompagnare il lettore attraverso questa esperienza e questo cambiamento nel modo migliore. Scegliere e usare sempre le parole giuste è quindi un atto di rispetto verso qualcuno che ci sta dedicando due risorse oggi scarsissime: tempo e attenzione... E poi, è anche più divertente, no?
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