La sostenibilità è disruptive... Cioè?

07/03/2023 10:38

Diciamoci le cose come stanno: per essere davvero sostenibili al 100% dovremmo tornare a vivere nelle caverne, rincorrere le gazzelle per cena, diventare vecchi decrepiti a 40 anni e soffrire di una mortalità infantile raccapricciante.

Qualsiasi progetto sostenibile oggi non è in grado di assicurare al 100% la sostenibilità lungo tutto il processo che va dall'ideazione alla realizzazione alla messa in produzione, considerando ogni singolo elemento della filiera e dell'indotto, oltre alle possibili esternalità negative nel breve, medio e lungo termine; nel breve, medio e lungo spazio (vedi l'Effetto Farfalla). In pratica, l'automobile elettrica non è sostenibile se poi raggiunge le concessionarie a bordo di una "cicogna" diesel!

La sostenibilità, specialmente se considerata in senso olistico quindi nelle sue dimensioni ambientale, sociale ed economica, è un sistema caratterizzato da un'estrema complessità. Tutto è collegato e interdipendente e nemmeno la più avanzata piattaforma di Business Intelligence è ancora in grado di calcolare tutte le diramazioni, tutte le derive e tutti i possibili deragliamenti di ogni singolo passo che l’impresa compie in senso sostenibile.

Se ripenso alle conferenze, gli articoli, gli incontri personali in cui ho sentito parlare e ho parlato di sostenibilità, non posso fare a meno di osservare che i temi ricorrenti sono sempre viziati da un orizzonte di breve respiro.

  • Risparmio delle materie prime e riduzione dell’energia per i processi produttivi.
  • Controllo della quantità di rifiuti prodotti attraverso il riciclo degli scarti ed estensione del ciclo di vita del prodotto attraverso la cancellazione delle policy di obsolescenza.
  • Moderazione delle tensioni sociali e approccio meritocratico alle risorse e al talento.
  • Biodiversità e consumo sostenibile, fonti rinnovabili, zero emissioni e decarbonizzazione.
  • Rapporto con la filiera, il territorio e la comunità locale, le tradizioni e le eccellenze...

...E potrei andare avanti ore a declinare nei dettagli la complessità dell'agire sostenibile, certo che qualcosa dimenticherei comunque.
Il problema è che oggi tutto ciò non basta e che queste sono tutte tesi ormai non più sostenibili (scusate il gioco di parole). L’Earth Overshoot Day, dopo la pausa per il Covid, ha ricominciato a correre!

Allora non c’è speranza? In una recente intervista su La Stampa, Amitav Ghosh, autore di “The Great Derangement. Climate Change and the Unthinkable”, pubblicato in italiano da Neri Pozza, affermava chiaramente che «Niente di quello che possiamo fare per salvare il pianeta ha speranza di essere realizzato».
Dobbiamo allora rinunciare a un obbiettivo che, rappresentato in questi termini, ci appare verosimilmente irraggiungibile?
Dobbiamo accontentarci dello step intermedio in cui ci troviamo e che ci porterà (forse, un giorno) a vivere meglio ma non a vivere bene. E, comunque, per un tempo “a scadenza”.
Assolutamente no! Dobbiamo “solo” imparare a sognare ciò che sembrerebbe impossibile e dare credito a quelle idee visionarie che trasformano la realtà. Dobbiamo imparare a mettere in discussione i fondamentali del business e di ogni paradigma esistente per scrivere le regole del mercato di domani. Stravolgere i flussi consolidati con interventi che riprogettano strutture e infrastrutture, che trasformano i processi decisionali e poi immaginarne l'impatto su ogni settore produttivo e sulle abitudini del mercato. In un impeto dadaista (… ma senza esagerare!) dobbiamo sparigliare, squadernare, ridisegnare l'ordine delle cose e come artigiani, ancor più che come rivoluzionari, sostenere il sistema verso un nuovo modello di sviluppo economico. L'imperativo è rovesciare il focus: dobbiamo produrre più valore di quanto ne prendiamo dal mondo.

 

Un'idea davvero originale

Inutile dire che si tratta di un grande investimento, richiede un forte impegno e non è detto che né “noi” (i clienti/fruitori/utenti) né “loro” (i "padroni", gli imprenditori, il management) si abbia sempre voglia di affrontarlo. Ma se è vero che per un'idea davvero originale servono molto tempo, energie e risorse, è altrettanto vero che più un'idea è originale più il suo valore si proietta nel futuro.
Manca ancora un modello di riferimento sicuramente vincente, altra innegabile verità, com’è altrettanto vero che questa idea di progresso lascerà a terra un significativo numero di vittime: coloro che resteranno al palo e non saranno in grado di trarre vantaggio dalla cambiamento.

La sostenibilità, quella vera, è un’azione disruptive: impone soluzioni, architetture e paradigmi ancora tutti da immaginare. L'auto elettrica non è sostenibile in sé. La questione va oltre il controverso stop alla vendita di veicoli con motore endotermico deciso dal Parlamento Europeo per il 2035 (2036 per le “supercar”) e, ancora di più, va oltre la polemica del nostro Ministro dell'Industria e del Made in Italy Adolfo Urso, sui tempi che «non coincidono con la realtà europea e soprattutto italiana». L’auto elettrica sarà davvero sostenibile solo quando diventerà un bene condiviso. Questo è il vero passaggio, l'idea originale, la proiezione verso il futuro.

 

Un essere umano sostenibile

In conclusione quindi, al di là delle provocazioni e dei paradossi suggestivi che ho voluto raccogliere qui, non è pensabile né proponibile il ritorno a un’Arcadia bucolica e rurale in cui l’uomo regna in perfetta comunione con la natura e le sue leggi. È invece necessario trovare (ritrovare?), inventare un equilibrio nel rapporto tra l’uomo e l’ambiente e modellare un essere umano sostenibile. Il nostro domani è una sorta di utopia in progress: è chiaro in che direzione dobbiamo andare, ma c'è ancora molta strada da fare.

 

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