La scelta dell'algoritmo

02/05/2023 10:34

Con il procedere dello sviluppo tecnologico, l'uomo ha gradualmente imparato a esternalizzare una parte sempre maggiore delle proprie abilità alle macchine. Ha abbandonato le mani nude e inventato strumenti con capacità sempre più evolute e funzionali agli scopi più differenti. Dalla clava al missile terra-aria spalleggiabile; dalla forchetta all'abbattitore di temperatura; dall'aratro al trattore cingolato; dalla bicicletta all'aeroplano ultraleggero; dai rotoli di pergamena all'eBook; dal pallottoliere al super computer quantistico. Con un duplice effetto:

  • da una parte indurre la perdita di sempre maggiori capacità manuali e cognitive (logiche, mnemoniche, di calcolo, di apprendimento... )
  • dall'altra democratizzare l'accesso alla conoscenza e, di conseguenza, al benessere.

 

La nostra rivoluzione

Tutto procede in maniera lineare, fino all'arrivo del digitale, di Internet e degli algoritmi alla base dell'Intelligenza Artificiale; è qui che si giunge a un fondamentale punto di svolta. In questo momento il mondo inizia a decostruirsi per ricostruirsi poi sotto forma di rete che mette in connessione saperi e abilità distribuite.

Le prime rivoluzioni industriali, quelle del vapore e della corrente elettrica, hanno diffuso macchine in grado di sostenere, se non di soppiantare in toto, gran parte del lavoro manuale. La successiva rivoluzione, questa volta digitale, ha predisposto un ecosistema comune di strumenti (infrastrutture e piattaforme tecnologiche) che hanno composto un ambiente di inestimabile valore per l’organizzazione e la condivisione del lavoro (e non solo).

La nostra rivoluzione, quella appunto dei dati, degli algoritmi e dell'Intelligenza Artificiale, rappresenta la naturale prosecuzione della precedente e si caratterizza per un impatto assai più invasivo e trasversale. Va ben oltre i timori distopici di precise categorie professionali come i tassisti che si vedono a breve sostituiti da mezzi a guida autonoma, o i giornalisti che si sentono minacciati da ChatGPT, o i medici che già da tempo utilizzano sistemi robotici di chirurgia intelligente a distanza e oggi cominciano davvero a sentirsi mancare il pavimento sotto i piedi.

La nostra rivoluzione tocca tutti indistintamente e interessa ogni ambito della nostra vita quotidiana. Per usare un'immagine di facile presa, potremmo dire che si insinua tra le pieghe della vita di ognuno di noi. Pensiamo agli ATS, che effettuano una prima scrematura automatica delle candidature per una posizione lavorativa; oppure pensiamo ai navigatori satellitari che ci suggeriscono il percorso migliore da seguire e che, naturalmente, assecondiamo ciecamente; oppure pensiamo alle AI generative, che forniscono una risposta chiavi in mano e non una selezione di contenuti più o meno esaustiva e trasparente da organizzare secondo il nostro progetto; oppure ancora più banalmente pensiamo a servizi come Spotify, a cui deleghiamo con grande indifferenza il delicato compito di disegnare il paesaggio sonoro nei nostri spazi abitativi e, in alcuni casi, anche lavorativi.

La nostra rivoluzione, questa volta per la prima volta, va cioè a incidere direttamente sulle capacità di scelta, come abbiamo già detto, in ogni ambito della vita quotidiana, in maniera invasiva e trasversale. E questo è il secondo punto di svolta, che porta con sé un rischio facile da intuire: cedere alla tentazione di lasciar fare all’algoritmo, se non altro per mera pigrizia.

 

L'ottica si rovescia

Date queste premesse, una questione chiave da sempre oggetto di grandi polemiche si apre a una nuova lettura: non saranno le macchine a prendere il potere sull'uomo, come vuole anche molta narrativa, quanto piuttosto il contrario. Saremo noi uomini a dare il potere in mano alle macchine. Anzi, siamo noi uomini che già adesso stiamo dando il potere in mano alle macchine. Siamo noi uomini che ancora non riusciamo a figurarci tutte le dimensioni e a immaginare tutte le ripercussioni di un'evidenza ormai di pubblico dominio: le conoscenze dell’intelligenza artificiale sono costituite dall'elaborazione dei dati ceduti con il sorriso durante l'utilizzo di servizi offerti più o meno gratuitamente.

 

Una contestuale evoluzione culturale

La tecnologia si sviluppa a una velocità molto superiore alla natura umana, tanto da scavalcare le questioni etiche e persino la giurisprudenza. Ogni passo avanti della tecnologia produce ma al tempo stesso esige una contestuale evoluzione culturale. I supporti che agiscono sul reale devono cioè svilupparsi insieme alle coordinate che permettono di comprendere e valutare la nuova complessità che si accompagna al cambiamento. Abbracciare l'innovazione – anche quando non la si può controllare, come nel nostro caso –, godere dei vantaggi e cogliere le potenzialità che offre, impone:

  • la consapevolezza di vivere un ambiente in continuo cambiamento,
  • la conoscenza degli elementi che costituiscono questo ambiente in continuo cambiamento,
  • l'abilità di manovrare in modo adeguato gli strumenti che controllano i singoli elementi che costituiscono questo ambiente in continuo cambiamento.

Un quarto elemento è, forse, ancora più necessario: la responsabilità. Demandare le scelte a una macchina è un tema che non appartiene più al mondo delle ideologie o delle demagogie, delle utopie o delle distopie. È il nostro tempo, la nostra quotidianità e richiede un crescente impegno responsabile da parte di tutti gli attori dell'ecosistema digitale, siano essi sul versante tecnologico, dei contenuti o della community. Solo così sarà possibile spostare il focus da cosa fa la tecnologia a cosa la tecnologia permette di fare e sfruttare vantaggiosamente il rapporto sempre più paritario all'interno della collettività di individui che costruiscono Internet attraverso Internet.

 

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