L'Intelligenza Aumentata per l’uomo prodigio
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Corrado Calza | content | giornalista | comunicazione | #robotics | #robots | #robot | #innovazione | #rivoluzionedigitale | #intelligenzaartificiale | #lavoro | #iocomunicando
Mi piace il concetto di Intelligenza Aumentata. Mi piace perché è quasi come fosse il contrappasso dell’AI, del Machine Learning o del Cognitive Computing. Non sono le macchine a diventare smart grazie all’AI, ma l’uomo! Un bel ribaltamento di ottica.
«Con la tecnica – dice Umberto Galimberti – l'uomo può ottenere da sé quello che un tempo chiedeva agli dei». Ieri era la sfera di cristallo oggi sono le analisi predittive.
Mi metto gli occhiali per vederci meglio e uso il bastone per camminare meglio (ausili basic). Per sentirci meglio mi metto gli apparecchi acustici (ausilio già più intelligente perché i modelli di fascia alta possono adattarsi all’ambiente circostante e modificare la propria configurazione di intervento). Per navigare un ambiente virtuale o per la Remote Surgery, indosso occhiali VR. Per l’Intelligenza Aumentata mi metto… Boh, non saprei, non ha poi troppa importanza, magari basta anche una buona dashboard.
Dall’Handset siamo passati all’Headset e ora al Mindset (...e si apprezzi il doppio senso!)
L’Intelligenza Aumentata
- valorizza il capitale umano e contribuisce a un allargamento delle competenze.
- Incrementa le capacità delle persone, ne migliora le prestazioni cognitive e le aiuta a realizzare il proprio potenziale.
- Consente ai lavoratori di essere più incisivi per raggiungere i più alti obiettivi di efficienza operativa e di applicarsi su lavori significativi e gratificanti; interviene cioè non tanto sulla velocità quanto piuttosto sull’efficienza dei processi.
Con il concetto di Intelligenza Aumentata si sfugge inoltre alla limitata logica del profitto perché la persona, il lavoratore, conserva la propria centralità e la propria qualità; in un certo senso la propria autorità. L’Intelligenza Aumentata crea un superuomo di nietzschiana memoria? No piuttosto un uomo-prodigio.
Questo, tra l’altro, risolve un’ampia serie di questioni aperte, prima tra tutte quella della cosiddetta disoccupazione tecnologica.
Robot vs lavoratore
Perché uno contro l’altro? L’Intelligenza Artificiale nasce collaborativa, se non altro all’interno dell’IoT, ma il perimetro si può sempre allargare. Una piattaforma computazionale governa un ecosistema di rete popolato da computer (e altri device), applicativi software, Big Data, sistemi di Machine Learning ed entità fisiche – dal “semplice” braccio meccanico al robot antropomorfo o al drone da carico – basati su differenti tecnologie abilitanti. Queste tecnologie, riunite in un sistema distribuito, autonomo, intercomunicante e intelligente, sono in grado di percepire, interpretare e interagire direttamente e dinamicamente con l’ambiente, attraverso input e output fisici, e permettono all’intero ecosistema di adattarsi al contesto in cui è collocato. Ogni singolo componente fisico o digitale decentrato è in grado di supportare decisioni in maniera autonoma, di comunicarle direttamente agli altri componenti del sistema e così coniugare ambienti fisici e ambienti virtuali in un grande cyber puzzle. Più collaborativo di così! Ora basta inserire nel sistema un componente di Intelligenza Aumentata e garantirgli una serie di privilegi per completare il modello.
Grazie alla capacità di acquisire, elaborare, aggregare e trasformare in informazioni a valore aggiunto grandi quantità di dati, un simile sistema è in grado di analizzare con una minima latenza i possibili scenari di scelta, determinare quello più adatto, valutare autonomamente soluzioni operative e così supportare nella presa delle decisioni l’unità di Intelligenza Aumentata a cui resta – per così dire – soltanto l'onere e l’onore dell'ultima parola. Sia essa un comando o il controllo. Il potere alla parola metafora del potere alla persona.
Non tanto P2M (People to Machine) e M2M (Machine to Machine) quanto piuttosto P+M (People più Machine): un rapporto uomo-macchina bidirezionale capace di superare ogni scetticismo, pregiudizio, sfiducia e timore.
Favorire il generale processo di digitalizzazione
Un’altra questione che l’Intelligenza Aumentata aiuta ad affrontare è l’umana tendenza a opporsi al cambiamento: la tendenza, anche dell’impresa, a rispondere emotivamente, con una ferma resistenza, alla chiamata specialmente dei Grandi Cambiamenti, che impattano in modo radicale e trasversale sul modello di business esistente. La digitalizzazione è uno di questi Grandi Cambiamenti – “il” Grande Cambiamento della contemporaneità – anche perché non è soltanto una questione tecnologica, in grado di favorire la migrazione verso processi aziendali più moderni ed efficaci, ma è anche e specialmente di un fattore strategico.
Esistono sì freni di carattere strutturale, di natura etica, economica e legale, che colgono tutti gli attori in gioco ancora profondamente impreparati, ma le maggiori resistenze nascono dai comportamenti delle persone e più in generale da fattori culturali e sociali. Si preferisce mantenere lo status quo, e con esso equilibri e rendite consolidate che sarebbero troppo dolorose e costose da mettere in discussione. Si preferisce non attrarre, coltivare né trattenere i talenti. Si preferisce restare, in una parola, “mediocri”, che nel lungo termine rappresenta un danno per tutti e ben noto a tutti. Ciò nonostante si persevera diabolicamente in questa condotta irragionevole.
Qui entra in gioco l’Intelligenza Aumentata che in sé rappresenta l’innovazione e la interpreta in ogni propria mansione. Perché ha compreso senza pregiudizi e valutato senza sospetto l’innovazione e non si limita ad adeguarsi con rassegnazione a essa ma, come abbiamo detto, la incarna operativamente.
L’Intelligenza Aumentata
L’Intelligenza Artificiale: emula le prestazioni umane: sceglie, decide, comprende, dialoga, esegue, suggerisce, ma fatica a funzionare fuori dai sistemi chiusi. Il Machine Learning impara norme, regole e modelli ma non capisce le eccezioni, le imperfezioni. Le macchine, nella loro perfezione, sono imperfette mentre gli umani sono perfetti nella loro imperfezione. Come intuì Darwin: Dove c’è perfezione, non c’è storia. Le imperfezioni sono il vero motore dell’evoluzione – per noi del cambiamento e dello sviluppo –, la leva per innescare la trasformazione.
Practice makes perfect, imperfection makes unique e oggi, non a caso, il mercato e la domanda chiedono prodotti e servizi unici.
Le macchine hanno punti di forza e debolezza assai diversi da quelli degli uomini. Basarsi sulle aree in cui le macchine sono forti e gli uomini deboli (e viceversa), sfruttare queste differenze, significa creare complementarità e sottrarsi alla competizione. Significa costruire valore grazie a risultati convergenti. L’Intelligenza Aumentata interpreta in modo collaborativo la sintesi di queste diverse capacità, realizzando un sistema di pensiero che, come abbiamo già detto, assicura agli aspetti cognitivi il controllo sull’attività ingegneristica del sistema.
Una nuova forma di vita?
Non è un cyborg, compenetrazione carnale tra uomo e macchina. Non è un Digital Twin, cavia da laboratorio per compiere esperimenti sul futuro. Non è un cavallo di Troia, primo passo verso il distopico dominio delle macchine. È soltanto un uomo – o una donna, naturalmente –, un lavoratore che opera insieme a un sistema intelligente di macchine in modalità – abbiamo detto – bidirezionale. L’Intelligenza Aumentata crea infatti un circolo virtuoso, un ambiente ibrido dove maggiore è lo scambio reciproco tra le parti, maggiore è il vantaggio per tutti. Sul versante umano si semplificano valutazione, scelta, decisione e capacità di delegare. Sul versante delle macchine si rendono i flussi di lavoro più veloci, efficienti ed efficaci.
Chi non ci metterebbe la firma? Io subito.
Vi prego aumentatemi, aumentatemi ora! Fatelo prima che il suono della sveglia cancelli per sempre questo sogno. Bellissimo.
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