Immobilità, una lezione difficile da imparare
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Corrado Calza | comunicazione | giornalista | professionalità | #lavoro | #iocomunicando | #noSEO
Sottotitolo: Ancora una volta, fatti i c***i tuoi. La prossima volta, Corrado ricordati di farti i c***i tuoi, che è meglio per tutti.
La storia è semplice – quasi banale – ma un po' articolata, provo a raccontarvela.
Al Centro Sociale Ricreativo Culturale, dove presto servizio, il gran giorno è arrivato: c'è il saggio di fine stagione del coro degli anziani. Alacre ferve l'attività: i vecchietti più arzilli sistemano le sedie nel salone dove si terrà l'esibizione. Le donne hanno portato le torte e, nella sala adiacente, stanno allestendo il buffet con le tovaglie di plastica colorata stese sui tavoli da gioco. In una terza sala sono già stati allineati i bicchieri di plastica per il prosecco che aspetta trepidante il suo momento nel frigorifero. Gli altri ospiti del centro, quelli – come dire – meno collaborativi, si aggirano frastornati più del solito, aspettando di prendere posto.
Io, trattenuto da altri impegni, arrivo a preparativi già quasi conclusi e mi appresto a segregarmi nel mio ufficietto dove lavorare al materiale didattico per i corsi del mese di giugno. Prima però voglio salutare il Maestro, un giovane che conosco da tempo e con cui ho già collaborato in altri Centri del Comune di Milano. Lo trovo fuori che fuma e presidia l'ingresso.
Ci salutiamo e io colgo l'occasione per rivolgergli il consueto e colorito augurio di prammatica: “Merda!”
I suoi coristi sono già tutti arrivati ma lui sta ancora aspettando un'amica per chiederle di fare il video del saggio. Lei arriva però ha il cellulare praticamente scarico. Io offro prontamente il caricabatterie della “saponetta” wifi che sta nel mio ufficietto. Mi danno il cellulare e corro a metterlo sotto carica. Sicuramente non basta e allora penso che una prolunga possa risolvere il problema: si attacca il cellulare con la prolunga alla corrente nel salone e il problema della batteria scarica è bello che risolto!
Rovisto nell'armadietto dove ho visto un po' di cavi elettrici aggrovigliati e recupero una bella prolunga. Torno dal Maestro e dalla sua amica che accolgono con entusiasmo la mia proposta. Recupero poi il Presidente del Centro e lo informo che mi sono permesso di prendere una prolunga e che intendo darla all'amica del Maestro per fare il video.
A queste parole il Presidente mi assale esprimendo con grande veemenza la propria perplessità relativa alla ragione per cui si dovrebbe voler fare un video dell’esibizione. La domanda mi coglie impreparato. Perché mai si dovrebbe volere un video del proprio saggio? La risposta è tautologica: per avere un video del proprio saggio! Per averne un ricordo da far vedere ai nipotini. O, nella più tecnologica delle delle ipotesi, da mandare via WhatsApp a parenti, amici e contatti in genere, che di venire fino al Centro Anziani in un bel pomeriggio di fine maggio, dopo tanti giorni di pioggia, non ce l'hanno manco per le p***e.
Tento di mantenere la calma e di rispondere il più pacatamente possibile, ma non so se mi riesce.
Anche uno dei coristi, che assiste alla sfuriata del suo Presidente, sembra contrario alla questione riprese. Vuoi vedere che ha ragione chi sostiene che in questi centri di consumano lieti adultèri all’ombra ai tavoli del burraco?!?
L’alterco si conclude sbrigativamente con il Presidente che rivolge a tutti, me in primis, un gesto inequivocabile.
Torno dal Maestro e gli riferisco che il Presidente è contrario al suo video ma lui, più diplomatico di me, ammicca come a dire: «Ci parlo io. Tu intanto prepara la prolunga.» Mi reco nel salone, attacco la prolunga e torno verso il mio ufficietto. Sulla porta sono oggetto di un ulteriore attacco da parte del Presidente che, davanti al maestro appena rientrato, nega risolutamente di essere mai stato contrario a che si girino dei video e mi invita a non dire “cretinate”.
Sono a io che questo punto chiudo sbrigativamente la questione con un gesto altrettanto inequivocabile. Raggiungo il Maestro, che nel frattempo si è avvicinato alla sua amica in prima fila, per indicare il cavo a loro disposizione, ma lui le sta dando il proprio cellulare perché, contrariamente a quanto pensava, non è poi così scarico.
Solo a quel punto mi rendo conto delle due videocamere, con tanto di treppiede, comparse magicamente a destra e sinistra del palchetto del coro. E questi chi sono? È possibile che né il Presidente né il Maestro ne sapessero nulla? Sono confuso e decido di ritirami, davvero questa volta, almeno finché non cominceranno cantare. Devo sempre fare il lavoro per cui sono qui.
Come storia – lo dicevamo – non è un granché, ma ora arriva la morale.
Anche se non mi fossi prodigato con caricabatterie e prolunga, tutto si sarebbe comunque svolto regolarmente: le due videocamere avrebbero registrato l'esibizione e il Maestro avrebbe avuto il suo clip sul telefonino. Invece io, se non mi fossi prodigato, mi sarei risparmiato a) di inimicarmi il Presidente del Centro e b) di fare una pessima figura davanti a un collega.
Quindi, come recita il sottotitolo, la prossima volta Corrado fatti i c***i tuoi, che è meglio per tutti. E ricordatelo, perché ti è già successo.
Anche la morale di per sé non è particolarmente originale ma, in realtà, se proiettata sul piano di un sistema d'impresa più ampio, complesso e strutturato, ci permette di capire come l'immobilità, quanto meno in certi ambienti, si riveli una strategia vincente. Da una parte evita di esporsi a ripercussioni sfavorevoli, mentre dall'altra non impedisce che le cose, in qualche maniera, grazie magari all'intervento – leggi: al lavoro – di qualcun altro, vadano comunque a buon fine.
L’intero sistema riesce così a tirare avanti comunque e a non collassare in modo definitivo, nonostante le lunghe catene decisionali, che spesso si arenano per eccesso di prudenza, e a dispetto dei singoli anelli che tendono a tutelarsi da eventuali inefficienze reciproche. Pachidermi (primi tra tutti gli apparati statali, appesantiti da complicati e rischiosi imbrogli burocratici) che, come nella proverbiale cristalleria, si muovono cauti, eppur si muovono.
Però, a ben vedere, per chi ha avuto la fortuna di lavorare alle dipendenze di un capo “illuminato” e ha visto le proprie iniziative apprezzate – o quanto valutate senza eccessivi pregiudizi –, questa è una lezione maledettamente difficile da imparare e da ricordare, ma specialmente da riuscire ad applicare.
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