Il marketing e il prodotto migliore
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Corrado Calza | giornalista | content | comunicazione | marketing | prodotto | sales | #iocomunicando
Miracolo, mistero o magia di Sua Maestà l'Algoritmo, nel mio feed di LinkedIN compare un vecchio post, datato oltre tre mesi fa. Si tratta di una smaccata operazione di Personal Branding da parte del(la) Marketing Manager, di una importante insegna internazionale della GDO nel mercato dell'elettronica di consumo, che ringrazia per l'invito ricevuto a partecipare con una testimonianza al Master in “Marketing, Comunicazione & Digital Strategy” di una prestigiosa Business School milanese.
Il post cita, tra virgolette, il messaggio condiviso dal(la) professionista: "Non esistono prodotti migliori di altri, esistono percezioni nella mente dei clienti: il marketing non è una battaglia di prodotti ma una battaglia di percezioni".
Detta così – e onestamente dubito che in aula sia stata detta così – è una fesseria di proporzioni apocalittiche. Si vede subito che una Ferrari è migliore di una Panda (...E c'è anche un'orrenda ma molto popolare barzelletta che lo conferma)! Poi però basta fermarsi un attimo a pensare e ci si domanda subito: Sì, ma "migliore" in che senso?
C'è migliore e migliore
Premesso che la "Migliorezza" assoluta non esiste, ogni prodotto può essere migliore di altri in uno o più dei suoi aspetti progettuali o costitutivi. Migliore compatibilità ambientale o migliore versatilità, migliore assistenza post vendita o migliore resistenza agli agenti chimici, migliore scalabilità o migliore usabilità o migliore capacità di comunicare i valori aziendali e avanti così. Lapalissiano. Tutto dipende infatti da un numero incalcolabile di diversi fattori che influenzano sostanzialmente la valutazione finale sul prodotto. Quindi, tornando al messaggio condiviso nel post, esistono certamente prodotti migliori di altri, ma sempre sotto determinati aspetti e date precise condizioni.
Quello che invece trovo assolutamente inaccettabile è la seconda parte della frase: il marketing è una battaglia di percezioni. Non è nemmeno una di quelle fesserie che… Mmmh… Però… A pensarci bene, un qualche senso ce l'ha. È soltanto un'emerita idiozia, senza appello né attenuanti.
Scemo chi compra
La frase sembra dire: «Caro cliente, te sei un babbeo. Basta che ci mettiamo su un bel fiocchetto colorato e intorno un po' di ricchi premi e cotillon e ti possiamo vendere qualsiasi cosa.» Da un lato mi offende personalmente, poiché anche il sottoscritto è spesso parte della categoria clienti. Dall'altro la frase racconta di un'impresa che non ha una sana considerazione del suo asset fondamentale: appunto il cliente.
Porre il cliente al centro della propria strategia commerciale non significa privilegiare favorire il valore emotivo della relazione, enfatizzare il piano emozionale. Il cliente è l'interlocutore di un rapporto ben più articolato con il brand (il trade, il prodotto...). La sua profilazione permette di conoscerne nel dettaglio innumerevoli aspetti, non solamente il sentiment istantaneo, e quindi offre la possibilità di sviluppare una comunicazione sempre mirata, pertinente e contestuale a 360 gradi. In sintesi, sebbene lo "shopping" sia il momento più esperienziale (nel senso di "percettivo") di tutto il processo d'acquisto, non può e non deve però prendere il sopravvento.
Product is king (...nulla di nuovo)
Non si può cioè perdere di vista il prodotto, non si può confondere il prodotto con il servizio, anche se il prodotto è nel concreto il servizio. Al centro di un'attività di servizio c'è sempre un prodotto e l'attività è disegnata intorno al prodotto e si configura come un – altresì fondamentale – valore aggiunto al prodotto.
In pratica, il cliente ha bisogno di un'automobile con certe caratteristiche e funzionalità e non di vivere un'indimenticabile esperienza di guida. Anche, ma non solo. Focalizzarsi sulla vendita dell'indimenticabile esperienza di guida e non dell'automobile può rivelarsi, come vedremo a breve, anzi controproducente.
Quindi, affermare che: «...il marketing non è una battaglia di prodotti ma una battaglia di percezioni» significa:
- ignorare i bisogni e considerare soltanto i sogni del cliente,
- sottostimare l'importanza dell'appagamento che dall’uso concreto del prodotto (a qualche titolo) "migliore" il cliente potrà raggiungere,
- rischiare di allontanare il cliente dal brand una volta esaurita l'euforia del esperienza d'acquisto.
Scemo chi vende
Una seconda pessima interpretazione all'idea di un marketing che massimizza il tema delle percezioni è possibile proprio in riferimento all'ambito specifico da cui questa analisi si è mossa: la GDO. Considerare il proprio cliente come soggetto privo di una minima capacità critica, da avviare a un programma di seduzione attraverso un percorso esperienziale personalizzato, squalifica il lavoro – e ancor prima la preparazione – degli addetti alla vendita, immaginati a far salamelecchi più che ad assistere il cliente nella scelta del prodotto per lui (a qualche titolo) "migliore".
La "battaglia di percezioni" ricorda da vicino i paradossi della post-realtà, delle fake news, per cui: «...Quanto viene avvertito come reale è come se lo fosse» o «La suggestione governa il mondo».
Leggere un post come questo, pubblicato su un Social a vocazione professionale, non può non avere effetti controproducenti sull'immagine del brand davanti a una platea di operatori. A meno che di questo messaggio non ci si limiti a considerare:
- la natura formale di post,
- i limiti a cui è soggetto in quanto comunicazione Social,
- le finalità a breve per cui, com'è tristemente noto, anche su LinkedIN una facile frase a effetto ingaggia molte più reazioni di un articolo lungo e articolato.
In conclusione, resta il fatto che dal(la) Marketing Manager di una importante insegna internazionale della GDO nel mercato dell'elettronica di consumo, che ringrazia per l'invito ricevuto a partecipare con una testimonianza al Master in “Marketing, Comunicazione & Digital Strategy” di una prestigiosa Business School milanese, il sottoscritto si sarebbe aspettato qualcosa di un po' più ragionato.
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