Food Delivery. Tutte le ragioni di un successo da 2 miliardi

03/06/2019 12:43

Lucia e Attilio ordinano la pizza a domicilio perché hanno due gemelli e uscire con quella coppia di terremoti al seguito sarebbe un delirio.
Enrica (o Èrica, a seconda dei giorni le piace cambiarsi il nome) ordina la pizza a domicilio perché è sulla sedia a rotelle e uscire a cena si può fare, certo, e si fa, ci mancherebbe! Ma al di là di tutto è un po' complicato.
Mario ha più di ottanta anni, da sempre adora la pizza ma anche per lui andare in ristorante non è facile: significa organizzarsi con la figlia, farsi venire a prendere, fermarsi in seconda fila davanti al ristorante, scaricare il deambulatore dalla macchina… Insomma, chiamare un take-away rende tutto più semplice. Poi, quella che avanza resta per il giorno dopo, che lui a chiedere il “doggy bag” al cameriere ha sempre avuto un po' di imbarazzo.
Davide coi soldi non è messo per niente bene, lavora da troppo tempo a spizzichi e bocconi e un'offerta pizza+birra a domicilio gli costa quasi la metà rispetto a un’uscita in piena regola.

Certo, la pizza a volte arriva un po' fredda e se la pasta non è più che buona, diventa subito gommosa. C'è chi la riscalda nel forno che ha acceso per tempo, bagnandola con un po' di latte per evitare che secchi troppo, oppure chi più sbrigativamente la infila alla buona nel microonde ma, ammettiamolo onestamente, non c'è comunque paragone.

A fronte di tutto questo, io mi faccio due domande.

Domanda n.1 - Bastano famiglie con bambini piccoli, disabili, anziani e disoccupati giustificare un volume di affari in costante crescita e un così vistoso aumento nel numero degli operatori lungo tutta la filiera? (Per la cronaca, secondo una ricerca Comunicatica il food delivery vale poco meno di 2 €/bln solo in Italia). Bastano a giustificare quasi 19 milioni di clienti «regolari» nel 2018? (Dati Coldiretti / Censis, 10/2018)

Domanda n.2 - Come si concilia questo compromesso, che sacrifica la qualità a vantaggio della comodità e del contenimento dei costi, con il parallelo inarrestabile interesse intorno al tema del cibo? Con l'incredibile successo delle trasmissioni di cucina, da MasterChef a Cotto e Mangiato, e il fiorire di canali tematici come Food Network?

Diffido dalle risposte troppo facili ma in questo caso non posso che concordare con il luogo comune secondo cui è venuta, più di tutto, a mancare letteralmente la voglia. Lo capisco: anch’io ho attraversato un periodo così ma, nel bene e nel male, ora ne sono fuori. Arrivi a casa distrutto dopo enne ore di lavoro, tutto ciò a cui aneli è toglierti le scarpe e magari anche farti una doccia. Di metterti a cucinare non ti passa nemmeno per l’anticamera del cervello. Ti manca persino la forza per infilare nel microonde una Tv Dinner o per preparare una confezione di “spaghetti automatici”, gamberetti e verdure, da consumare direttamente dal bicchierone di carta. Di rivestirsi e uscire di casa non se ne parla punto, fosse anche solo per andare dal kebabbaro all’angolo. La soluzione più semplice di tutte è lì, a portata di app, a pochi passi dal agognato divano del salotto. Anche perché domani è un altro giorno.

È l’immagine emblematica di tutto uno stile di vita insano, proprio come una busta Heat-And-Eat, che manda un crescente numero di manager d’assalto nei reparti di cardiologia degli ospedali nazionali a soli 40 anni.

Alla fine, a me va bene tutto: de gustibus – quale migliore occasione per usare questo detto così popolare. Ognuno fa un po' quello che gli pare con la propria cena, il proprio portafoglio e il proprio fegato, per non parlar del cuore. Una pizza a domicilio ogni tanto la mangio anch’io volentieri, se è per stare in compagnia in una sera organizzata all'ultimo momento. Basta che però poi non si cominci a parlare di impiattamento, ingredienti bio, prodotti a chilometro zero, coltivazione sostenibile, Presidio Di Qualità, Distretto Equo e Solidale, menu gourmet, cotture in sottovuoto o a bassa temperatura, cucina circolare o molecolare e piatti destrutturati perché allora mi inc***o davvero.

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