ESG: guidare l’interpretazione verso il successo del brand
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Corrado Calza | giornalista | comunicazione | content | #brand | #sostenibilità | #ESG | #iocomunicando
Parafrasando Roland Barthes e il suo saggio “La camera chiara” del 1979, il brand è simultaneamente:
- quello che crede di essere,
- quello che vorrebbe si creda che sia e
- quello che il cliente/fruitore crede che sia.
È così che l’interpretazione trasforma il brand nella sua icona o, se si vuole, nel suo simbolo e ne decreta il successo.
In un precedente articolo abbiamo analizzato la relazione tra "parole" e "cose" e tra "cose" e "parole" come fonte di conoscenza della realtà e strumento privilegiato, tanto quanto sottovalutato, per realizzare la centralità della persona nel complesso rapporto tra azienda e mercato. Qui vogliamo invece focalizzarci sul ruolo dell'interpretazione come strumento per la conoscenza delle "parole" e delle "cose", quindi della realtà in senso più generale, e come driver di interazione con il brand.
Secondo l'antropologia classica, le "cose" non esistono in sé ma in quanto percepite dal soggetto che le interpreta attraverso la propria sensorialità, il proprio vissuto e le proprie esperienze, in una parola, attraverso la propria “enciclopedia” (© Umberto Eco). Parole, immagini e interpretazioni acquistano, in questo senso, un valore e una funzione simbolici. Sono necessarie a noi esseri umani, che siamo animali appunto simbolici, e che usiamo la ragione per giustificare scelte prese sulla base di processi emozionali. Si può trovare conferma di ciò anche in un certo approccio al marketing che, consapevole di intervenire in un sistema dove il percepito è dominante, considera la concorrenza uno scontro non tanto fra prodotti ma appunto tra percezioni.
Complessità e interpretazione
In quel medesimo articolo, abbiamo anche affrontato il tema della complessità intesa come rumore di fondo e quindi come primo ostacolo da superare lungo la via che porta alla conquista dell’attenzione del consumatore/fruitore. Qui invece il focus vuole essere sulle difficoltà che questa medesima complessità impone al processo di interpretazione.
Una sempre maggiore possibilità di accesso a un sempre maggior numero di contenuti, attraverso un sempre maggior numero di mezzi e canali, che offrono un sempre maggior numero di interpretazioni alla sempre maggiore quantità di informazioni disponibili, costituisce il cuore di questa complessità.
- Da una parte, il cliente/fruitore soffre di una limitata capacità di elaborare (contestualizzare, sistematizzare, dedurre, inferire…) i messaggi di cui è destinatario. Non ha gli strumenti, non ha l’interesse e non ha il tempo per elaborazioni così importanti.
- Dall’altra, l'impresa affronta questa complessità gravata da una cronica scarsità di risorse che non favorisce azioni comunicative troppo articolate o sofisticate.
La narrazione si concentra così su elementi avvincenti ed evocativi che riescono a suggestionare, coinvolgere e sedurre il cliente/fruitore, incoraggiandolo a cedere all’autocompiacimento della routine e all’agio della propria comfort zone, nel nome di una più che legittima scelta di tranquillità.
Cambiare sì, quindi – cambiare prodotto, fornitore, abitudini d’acquisto… –, ma senza sforzo né impegno, in una maniera percepita come “naturale”.
Innovazione, consapevolezza e sostenibilità
L’equilibrio della relazione tra l’impresa e il suo pubblico di riferimento è, per sua stessa natura, fragile. Il processo interpretativo dei messaggi del brand è:
- minato quotidianamente dalle costanti dinamiche della concorrenza,
- ostacolato dalla pressante complessità e
- ancora incerto davanti alla crescente attenzione che il mercato stesso mostra per il tema della sostenibilità. Tema che, in realtà non nuovo, oggi sta conquistando un valore davvero critico.
Nella nostra società “informazione dipendente”, non solo pervasa ma anche incapace di vivere senza l’informazione, i media hanno il compito di promuovere l’innovazione e il cambiamento, collaborando con l'impresa e i brand di cui sono ormai parte integrante. "Your brand the next media company" (© Michael Brito, Pearson Education, 12-2013). L’istanza consumistica deve cioè essere sostenuta dall’urgenza pedagogica e il prof. Manzi andare a braccetto con l’Uomo in ammollo.
Per partecipare al cambiamento e trarne vantaggi, non solo economici, l’azione comunicativa del Giano bifronte (impresa + media) che meglio interpreta lo scenario si articola su tre piani:
- informa il mercato sulla disponibilità del prodotto/servizio;
- forma la clientela al consumo consapevole;
- orienta l'interpretazione di ogni momento di relazione con il brand.
Cogliere questo aspetto del cambiamento è fondamentale per l’impresa, per il suo sviluppo, se non proprio per la sua sopravvivenza. Il processo di passaggio da un modello ormai percepito come obsoleto (orizzontale: dalla creazione alla distruzione) verso un modello in via di affermazione (circolare: riduzione, riciclo, riuso) è un gap di sistema che l’impresa italiana fatica a colmare. Si paga il prezzo della mancanza di competenze, attitudini e motivazioni, di capacità del management e di professionalità dei singoli e, non ultima, della povertà educativa del cliente/fruitore.
Il cerchio si chiude
Si può pensare alla cultura come “un’operazione di riflesso al sistema”, per parafrasare Vincenzo Agnetti. Ma si può anche immaginare il processo contrario: il sistema che riflette la nuova cultura del cambiamento (in una parola, la transizione ecologica). Impresa e media, quindi, devono guidare, orientare, (in altri termini influenzare) il processo di interpretazione alla base della relazione tra impresa e pubblico di riferimento. La sinergia che li unisce è un comune obbiettivo: creare un circolo virtuoso in cui l’aumento della consapevolezza nel mercato genera un corrispettivo aumento del profitto per il business. Una situazione ideale, stabile però solo fino a quando i numeri non raggiungono la soglia critica; il ciclo allora si interrompe e arriva il momento di cambiare ancora. Di inventare un nuovo modello da sviluppare, proporre, contrattare, promuovere (e se volete imporre) perché il brand possa continuare a essere una realtà di successo, anche in un mercato influenzato da una nuova cultura.
Leggi anche: Marketing nella complessità
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Parafrasando Roland Barthes e il suo saggio “La camera chiara” del 1979, il brand è simultaneamente:
- quello che crede di essere,
- quello che vorrebbe si creda che sia e
- quello che il cliente/fruitore crede che sia.
È così che l’interpretazione trasforma il brand nella sua icona o, se si vuole, nel suo simbolo e ne decreta il successo.
In un precedente articolo abbiamo analizzato la relazione tra "parole" e "cose" e tra "cose" e "parole" come fonte di conoscenza della realtà e strumento privilegiato, tanto quanto sottovalutato, per realizzare la centralità della persona nel complesso rapporto tra azienda e mercato. Qui vogliamo invece focalizzarci sul ruolo dell'interpretazione come strumento per la conoscenza delle "parole" e delle "cose", quindi della realtà in senso più generale, e come driver di interazione con il brand.
Secondo l'antropologia classica, le "cose" non esistono in sé ma in quanto percepite dal soggetto che le interpreta attraverso la propria sensorialità, il proprio vissuto e le proprie esperienze, in una parola, attraverso la propria “enciclopedia” (© Umberto Eco). Parole, immagini e interpretazioni acquistano, in questo senso, un valore e una funzione simbolici. Sono necessarie a noi esseri umani, che siamo animali appunto simbolici, e che usiamo la ragione per giustificare scelte prese sulla base di processi emozionali. Si può trovare conferma di ciò anche in un certo approccio al marketing che, consapevole di intervenire in un sistema dove il percepito è dominante, considera la concorrenza uno scontro non tanto fra prodotti ma appunto tra percezioni.
Complessità e interpretazione
In quel medesimo articolo, abbiamo anche affrontato il tema della complessità intesa come rumore di fondo e quindi come primo ostacolo da superare lungo la via che porta alla conquista dell’attenzione del consumatore/fruitore. Qui invece il focus vuole essere sulle difficoltà che questa medesima complessità impone al processo di interpretazione.
Una sempre maggiore possibilità di accesso a un sempre maggior numero di contenuti, attraverso un sempre maggior numero di mezzi e canali, che offrono un sempre maggior numero di interpretazioni alla sempre maggiore quantità di informazioni disponibili, costituisce il cuore di questa complessità.
- Da una parte, il cliente/fruitore soffre di una limitata capacità di elaborare (contestualizzare, sistematizzare, dedurre, inferire…) i messaggi di cui è destinatario. Non ha gli strumenti, non ha l’interesse e non ha il tempo per elaborazioni così importanti.
- Dall’altra, l'impresa affronta questa complessità gravata da una cronica scarsità di risorse che non favorisce azioni comunicative troppo articolate o sofisticate.
La narrazione si concentra così su elementi avvincenti ed evocativi che riescono a suggestionare, coinvolgere e sedurre il cliente/fruitore, incoraggiandolo a cedere all’autocompiacimento della routine e all’agio della propria comfort zone, nel nome di una più che legittima scelta di tranquillità.
Cambiare sì, quindi – cambiare prodotto, fornitore, abitudini d’acquisto… –, ma senza sforzo né impegno, in una maniera percepita come “naturale”.
Innovazione, consapevolezza e sostenibilità
L’equilibrio della relazione tra l’impresa e il suo pubblico di riferimento è, per sua stessa natura, fragile. Il processo interpretativo dei messaggi del brand è:
- minato quotidianamente dalle costanti dinamiche della concorrenza,
- ostacolato dalla pressante complessità e
- ancora incerto davanti alla crescente attenzione che il mercato stesso mostra per il tema della sostenibilità. Tema che, in realtà non nuovo, oggi sta conquistando un valore davvero critico.
Nella nostra società “informazione dipendente”, non solo pervasa ma anche incapace di vivere senza l’informazione, i media hanno il compito di promuovere l’innovazione e il cambiamento, collaborando con l'impresa e i brand di cui sono ormai parte integrante. "Your brand the next media company" (© Michael Brito, Pearson Education, 12-2013). L’istanza consumistica deve cioè essere sostenuta dall’urgenza pedagogica e il prof. Manzi andare a braccetto con l’Uomo in ammollo.
Per partecipare al cambiamento e trarne vantaggi, non solo economici, l’azione comunicativa del Giano bifronte (impresa + media) che meglio interpreta lo scenario si articola su tre piani:
- informa il mercato sulla disponibilità del prodotto/servizio;
- forma la clientela al consumo consapevole;
- orienta l'interpretazione di ogni momento di relazione con il brand.
Cogliere questo aspetto del cambiamento è fondamentale per l’impresa, per il suo sviluppo, se non proprio per la sua sopravvivenza. Il processo di passaggio da un modello ormai percepito come obsoleto (orizzontale: dalla creazione alla distruzione) verso un modello in via di affermazione (circolare: riduzione, riciclo, riuso) è un gap di sistema che l’impresa italiana fatica a colmare. Si paga il prezzo della mancanza di competenze, attitudini e motivazioni, di capacità del management e di professionalità dei singoli e, non ultima, della povertà educativa del cliente/fruitore.
Il cerchio si chiude
Si può pensare alla cultura come “un’operazione di riflesso al sistema”, per parafrasare Vincenzo Agnetti. Ma si può anche immaginare il processo contrario: il sistema che riflette la nuova cultura del cambiamento (in una parola, la transizione ecologica). Impresa e media, quindi, devono guidare, orientare, (in altri termini influenzare) il processo di interpretazione alla base della relazione tra impresa e pubblico di riferimento. La sinergia che li unisce è un comune obbiettivo: creare un circolo virtuoso in cui l’aumento della consapevolezza nel mercato genera un corrispettivo aumento del profitto per il business. Una situazione ideale, stabile però solo fino a quando i numeri non raggiungono la soglia critica; il ciclo allora si interrompe e arriva il momento di cambiare ancora. Di inventare un nuovo modello da sviluppare, proporre, contrattare, promuovere (e se volete imporre) perché il brand possa continuare a essere una realtà di successo, anche in un mercato influenzato da una nuova cultura.
Leggi anche: Marketing nella complessità