Eremiti 2.0

15/01/2017 22:25

L'inchiesta Eye Pyramid (quella dei fratelli Occhionero per intenderci) ci dimostra ancora una volta come le cosiddette nuove tecnologie offrano, molto più che in passato, la sponda a pratiche di controllo illegale sulle attività e gli interessi altrui. Spiare i politici, per limitarsi al caso specifico, non è una novità: dal Watergate di Richard Nixon al presunto complotto russo ordito da Putin per orientare il risultato delle ultime elezioni americane, quello che cambia sono solo i mezzi impiegati, non certo i fini. E questi strumenti oggi hanno reso possibile un considerevole allargamento della platea dei potenziali soggetti di interesse. Cioè degli individui su cui, a vario titolo e con propositi più o meno leciti, diventa utile, opportuno o remunerativo esercitare una qualche forma di controllo. 

Non più quindi solo personaggi eccellenti ma anche gente comune (i consumatori); non più solo anziani impacciati che cliccano un po’ a casaccio, specialmente dov'è più colorato, ma anche giovani troppo disinvolti e troppo spesso protagonisti di fatti di cronaca. La questione è trasversale in termini demografici, culturali, economici. Internet è democratica anche in questo: siamo tutti sempre sotto controllo o, nella migliore delle ipotesi, siamo tutti sempre controllabili. Dalla carta fedeltà del supermercato in su, fino ad arrivare ai sistemi di localizzazione GPS portatili per anziani, bambini o cani, per ovvi motivi sconosciuti alle celle GSM.

Viviamo uno scenario che nemmeno i più visionari seguaci di George Orwell negli anni '80 avrebbero mai potuto immaginare: sistematico, istantaneo e, ormai inequivocabilmente, manifesto. Siamo vittime, quasi sempre consapevoli, di una sindrome di Stoccolma in piena regola. Il desiderio di narrazione, libero da ogni limite formale e tecnico, ci invita a raccontarci ma anche a raccontare, diventando così a nostra volta soggetti oltre che oggetti di questo controllo, in uno scomodo circolo vizioso.

In un ambiente sovraffollato come quello dei Social, il sillogismo “posto quindi sono” è l’esperienza fondante e rappresenta la ricerca di un’identità ossia la via per sfuggire a un senso di anonimato che però cresce proprio in funzione delle dimensioni della rete e del numero delle relazioni possibili. Qui il singolo è spinto a interagire in maniera assidua e senza particolare attenzione e quindi a esporre elementi privati di sé e dei propri contatti, per così dire, in una piazza circondata da telecamere a circuito chiuso.

Da tempo ormai è evidente la necessità di stimolare e condividere una radicale revisione del concetto di “personale” e di ridisegnare i confini tra luoghi privati e luoghi pubblici, specialmente nel delicato punto di intersezione tra loro.

Ciò detto però, sarebbe irragionevole immaginarsi un domani apocalittico che ci vede abitanti di Matrix o di Eurasia. Continueremo a vivere come sempre, nelle nostre case, circondati dagli sviluppi della domotica e dai progressi dell'Internet delle cose. Piuttosto, se è concesso anche a me interpretare per un attimo il ruolo dell’oracolo e divinare una mia profezia, credo che entro breve assisteremo a un fenomeno emblematico: un’esponenziale aumento nel numero dei cervelli in fuga che, invece di scegliere paesi in grado di garantire condizioni professionali e personali migliori, dirotteranno alla volta di luoghi che concedono il solo e raro lusso di eludere l'obbligo a una presenza continua, ma al contempo fittizia e disattenta, dei diversi piani – reale, virtuale e aumentato – in cui si articola oggi il nostro presente e che, alla fine, consente tutte quelle attività di controllo a cui ci si riferiva. Penso che potremmo chiamarli, non senza l'ironia che tutta questa situazione impone, eremiti 2.0.