Egregio signor Direttore

30/07/2015 15:06

In riferimento all’Ultim’Ora “Cresce la spesa per invalidità civile” pubblicata in TN n.2/2015, concordo con Lei quando rileva la sospetta tempestività con cui i media, proprio in corrispondenza dell’ennesima tappa decisiva nell’agenda della Spending Review, si occupano di truffe, abusi, sprechi e inefficienze in ambito welfare e disabilità, con la consueta grande approssimazione e populismo.

Sono denunce di singole storie, nelle pagine di cronaca, che troppo spesso finiscono per rappresentare l’intera categoria come un’associazione di impostori abili ad approfittare di un sistema inquinato da corruzione, clientelismo, interessi personali eccetera. La soluzione proposta per combattere questo malcostume è naturalmente la più agevole, rapida e comoda: un meritato, ancor prima che necessario, taglio drastico di finanziamenti e fondi. 

Ma tutti sappiamo bene, e da sempre, che per affrontare e provare a risolvere questo problema servono una capillare azione di controllo e normative chiare, non certamente l’ennesima e indiscriminata stretta ai cordoni della borsa. 

Quest’ultimo è, in estrema sintesi, l’elemento che mi è sembrato mancare nella sua breve ma attenta analisi e che mi premeva invece mettere in evidenza poiché, a mio avviso, fondamentale.

Il ruolo dei media, in queste circostanze, non può allora limitarsi al racconto in toni sensazionalistici di un singolo caso, perché ciò non fa altro che consolidare l’insofferenza dell’opinione pubblica, favorendo la propensione verso soluzioni drastiche quanto inutili. Dovrebbe invece andare oltre e mettere piuttosto in luce compiacenze, collusioni e negligenze che rendono possibili tutti e ognuno dei singoli casi. Non si tratta però di un complotto preordinato dal sistema e ordito dai media ai danni dei disabili, è solo più facile, meno costoso e garantisce un ritorno sicuro. Uno scandalo fa effetto subito, va in prima pagina con tanto di foto prese da lontano del falso cieco che guida la sua bella macchina acquistata con i soldi dell’accompagnamento e l’IVA al 4%. Richiama l’attenzione, solletica la curiosità del lettore e gli offre nuovi spunti per le sue recriminazioni da bar. Un’inchiesta invece finisce nelle pagine interne ed è testo fitto, con al massimo qualche grafico; non c’è paragone! Senza contare il pericolo di scatenare le reazioni allarmate di tutti coloro che temono di perdere privilegi e posizioni di rendita. O la possibilità ancora più infausta di provocare le ostili levate di scudi o l’ennesimo inutile polverone da parte di tutta quella politica che, a interventi di tipo strutturale, predilige – spesso solo l’annuncio di – soluzioni propagandistiche e di facile effetto.

Sento già le obiezioni: che no, che il buon giornalismo esiste, che basta cercarlo. Sì, è assolutamente vero. Ma guardiamo anche i numeri: le quote delle tirature, i risultati dell’auditel, i dati di ascolto. Oltre alle quantità di Like o i volumi di re-tweet. Oggi che tutti comunichiamo senza soluzione di continuità e che l’accesso all’informazione si è allargato a dismisura, le agenzie responsabili dell’aggregazione e della diffusione delle notizie ricoprono un fondamentale ruolo di filtro e di elaborazione legato a una loro precisa funzione sociale, da cui però tendono molto volentieri a sfuggire.

“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità” ha detto uno dei più popolari fotografi statunitensi: Peter Parker, in forza al Daily Bugle di New York e, caro Direttore, trovo in molti sensi emblematico che la chiosa più appropriata per queste poche righe riguardo una situazione così misera e meschina sia, almeno secondo me, una citazione da un personaggio dei fumetti.