Competenze o abilità?
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Corrado Calza | competenze | abilità | Social Media | giornalista | lavoro | professionalità
Una collega mi racconta delle difficoltà che affronta quotidianamente nell’educare la figlia di 6 anni. Delle preoccupazioni che aumentano ora che la bambina va a scuola: un ambiente dove spesso le regole non sono le stesse che lei le insegna a casa. Alcuni compagni dicono le parolacce, “fanno il dito medio” e sono persino stati sorpresi a guardare su un tablet immagini, per così dire, poco adatte alla loro giovanissima età.
Ma cosa pensano i genitori – si domanda preoccupata la collega mamma – quando danno in mano ai loro figli questi apparecchi? Non lo sanno che possono essere molto pericolosi? Perché non ci mettono i filtri? ...Ma lo sanno che esistono i filtri?
A pensarci bene, la questione si sviluppa in pratica su due livelli. Un primo livello di competenze educative, attinenti alla genitorialità, e un secondo livello di abilità tecniche, attinenti invece all’uso corretto, ossia in sicurezza, di smartphone, tablet e quant’altro. Per essere un buon genitore oggi è infatti necessario essere sì in possesso di competenze educative generali ma, molto più di ieri, anche dotati di buone abilità tecniche, perché gli sconosciuti che regalano caramelle non stanno più solo davanti all’uscita della scuola, anzi sempre meno.
Se però proietto questo spunto occasionale, in senso più generale, sull’odierno mondo del lavoro, ho l’impressione di osservare la scena capovolta. L’importanza attribuita alle abilità, specialmente nell'utilizzo proprio delle cosiddette moderne tecnologie, supera di gran lunga il valore riconosciuto alle competenze più generali, la cui padronanza garantisce invece una qualità del lavoro più solida e duratura.
Un buon manager direbbe: risultati tattici a breve anziché vantaggi strategici a lungo termine.
Mi è facile cogliere un segno di tutto ciò ogni volta che incontro una pagina web ricca di animazioni ed effetti speciali, evidentemente ottimizzata in termini di SEO e SEM, ma incompleta sotto il profilo dei contenuti. Facciamo l’esempio di un evento culturale. Molto spesso osservo la mancanza del cosiddetto “box informativo” che mi dice chi, cosa, dove, come, quando e perché, ossia date, luoghi, durate, costi, eccetera. Un riquadro graficamente semplice, in bella evidenza, che balza agli occhi subito. Il messaggio cioè è sì ben indicizzato e gode di un buon ranking, ma non cattura l’attenzione dando subito le informazioni chiave, spesso incentivo fondamentale per una successiva lettura più approfondita.
Perché manca?
Perché chi ha realizzato quella pagina padroneggia ottimamente i più recenti linguaggi di programmazione e il funzionamento degli algoritmi più segreti ma non conosce le regole di base del giornalismo; d’altro canto forse non è il suo mestiere (…ma a ben vedere nemmeno di chi gli ha fornito i testi).
Banale allora pensare che la professionalità sia il frutto di un giusto equilibrio tra competenze e abilità? Banale forse sì, ma oggi, qui e ora, tutt’altro che scontato, purtroppo.
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