Cenerentola 2018

02/01/2018 18:01

Lunedì 1 gennaio 2018. Frammento di conversazione telefonica fra due amici dopo il veglione.

(…) «Allora come è andata con la tipa?»
«Chi, Cindy? Quella bionda?»
«E chi sennò? C’hai passato te assieme tutta la sera. Ma chi era?»
«Sai che non ho mica capito: l’amica di... buh, qualcuno. È stata sempre molto vaga al riguardo e io più di tanto non ho voluto indagare.»
«E ci credo che non hai indagato. Avevi ben altro da fare te. Comunque per me era un po’ stranina. Io ci ho scambiato solo due parole, prima che tu te la accaparrassi in esclusiva, e mi ha fatto - come dire - una impressione strana.»
«Mah, magari era solo un’imbucata dell’ultimo minuto, chissà. Però hai ragione: sembrava proprio un pesce fuor d’acqua. Abbastanza sempre a disagio, come sul chi va là.»
«Sì, ma comunque un gran pezzo di…»
«Eddài...».»
«Sì, scusa. E poi tirata a lucido, a lucidissimo! Ci doveva avere anche le mutande firmate. Ma questo tu non lo sai, vero? A un certo punto non l’ho più vista. Ma che fine ha fatto?»
«Lei? Ah, non lo so. Poco prima di mezzanotte le parte l’embolo: “Oddio, oddio com’è tardi!”, scappa di là in pieno panico, piglia su la pelliccia e se ne va senza nemmeno salutare o fare gli auguri.»
«Una simpaticona!»
«Già, ma deve esserci sotto qualcosa. Lo dicevi pure tu che ti è sembrata un po’ stranina, no? Ho anche visto che c’era una macchina che l’aspettava davanti al cancello.»
«L’autista privato? Niente po’ po’ di meno!»
«Ma non so se era l’autista o solo un partente, il marito o l’amante. Fatto sta che è salita dietro e se ne andata.»
«Salta dietro? Mmmh, sempre più interessante!»
«Però…»
«Però?»
«Però questa mattina… Mattina, vabbè… Insomma, oggi Ambrogio…»
«Ambrogio chi?»
«Ambrogio, il custode, il portinaio. Ha trovato un cellulare nell’aiuola qui fuori e me lo ha dato pensando, cioè, che potesse essere di uno degli invitati alla festa di ieri e… Indovina un po’?»
«È il suo?»
«Eggià.»
«Ma sei sicuro?»
«Eccèrto! Gliel’ho visto in mano quando ha ricevuto un paio di WhatsApp e ho notato la cover di Swarovsky, perfettamente in linea con il personaggio. Per quello me lo ricordo.»
«Allora, ricapitoliamo: figa era fi...»
«A ridaje!»
«Griffata dalla testa ai piedi. Col cellulare di Swarovsky e l’autista privato, ovvio che adesso scatta la caccia grossa.»
«E ci mancherebbe altro! Io sono un signore, devo riportarle il telefonino.»
«Sì, il telefonino. Lui pensa a riportarle al telefonino.»
«Ecchiàro. Vedrai che la becco su Facebook, non può non esserci, e il gioco è fatto. Tu piuttosto: ho visto alla fine che te ne sei andato con quella specie di giraffa di Modigliani.»
«Eh, sì. Lo sai che mi piacciono le fi… le donne alte.» (…)

Ecco un breve esempio di elaborazione creativa di un testo noto e di norma molto rigido sul piano formale.
In questo caso l’esercizio di scrittura creativa è intervenuto alterando il “come”, il “dove” e il “quando”, lasciando intatti (o solo lievemente ritoccando per necessità) il “chi”, il “cosa” e il “perché”.
Quale utilità può avere un simile esercizio? Di puro allenamento.
Stravolgendo la forma narrativa (senza intaccare nella sostanza la struttura) è stato possibile superare i vincoli imposti dalla consuetudine (rigidità) ed esercitarsi così ad affrontare altri eventuali vincoli od ostacoli in una prossima situazione di difficoltà.


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Ascolta anche: Elio e le Storie Tese, Servi della gleba, Hukapan, 1992