Assuefazione 2.0

19/07/2016 22:57

Tempo fa il mondo era un villaggio globale. Comandava la televisione, il Grande Fratello era un romanzo di fantascienza e, solo poi, un format televisivo destinato a diventare il padre di ogni reality. I benpensanti stigmatizzavano una sovraesposizione informativa che stava portando a una progressiva e inevitabile assuefazione.

Oggi il mondo è una società liquida. Comanda Internet, anzi Internet in mobilità e il Grande Fratello è ovunque, persino nei siti di petizioni onLine che raccolgono e rivendono (legalmente) i dati sensibili rilasciati dai sottoscrittori. I benpensanti hanno cambiato punto di osservazione: ora ammirano le organizzazioni terroristiche internazionali per la grande quantità e l'alta qualità del materiale informativo immesso in rete. Ne evidenziano l'importanza strategica e il ruolo propagandistico sia verso l'interno, per il reclutamento di nuovi adepti, che verso l'esterno, per il mantenimento dello stato di tensione.

Limitandosi qui a considerare il solo aspetto che ci colpisce più direttamente, il mantenimento dello stato di tensione, la strategia appare vincente. Lo dimostrano sia le dichiarazioni degli operatori turistici, che da tempo vedono crollare le partenze verso alcune destinazioni, sia le violente polemiche sollevate sul tema immigrazione, specialmente in ambito politico.

La minaccia, per dirla in poche parole, ora ci appare più vicina. La guerra in Iraq, allora indiscussa protagonista dei TG della sera, ma lontana abbastanza da non compromettere la convivialità del pasto in famiglia, ha lasciato il posto a una nuova sensazione: quella di essere esposti al pericolo ovunque, persino nel nostro stesso paese.

Però, se davvero fosse così, allora dovremmo ancora di più, e da molto più tempo, temere le azioni più quotidiane: andare a lavorare (1172 le vittime sul lavoro denunciate in Italia da gennaio a dicembre 2015 dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro), prendere un treno (100 le vittime di incidenti ferroviari durante l'anno scorso, secondo l'Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie), addirittura attraversare la strada (146 le vittime di incidenti stradali registrate nel 2015 dall'Associazione Sostenitori Amici della Polizia Stradale) o per le donne sposarsi (128 i femminicidi presenti nella Banca Dati EURES sugli Omicidi Dolosi per lo stesso anno). E invece no, la nostra paura ha altri e ben precisi connotati.

Certo molto dipende anche da come i media trattano le notizie: reti unificate per le immagini del ritorno delle salme da Dacca e solo poche righe nelle pagine interne per la Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, che da 20 anni si celebra il 21 marzo, primo giorno di primavera.
Ma è ovvio: certe storie hanno presa più facile di altre.

Eppure l'editoria sul web, aumentando a dismisura la sovraesposizione informativa, a rigor di logica dovrebbe incrementare in maniera proporzionale anche il livello di assuefazione. Invece ciò non accade: la paura che avevamo imparato a esorcizzare ignorandola, oggi preferiamo affrontarla e condividerla, sui social, con il proverbiale “semplice click”. Un gesto minimo, immediato e spontaneo, ormai così consueto da andare a sovrapporsi, fino a confondersi, con tutti gli altri semplici click che sgraniamo durante la giornata. E così la strage di Nizza finisce calata dentro un flusso ininterrotto e indifferenziato di share, inoltra, condividi, like, rate, commenti e faccine, insieme la golpe turco, al disastro ferroviario in Puglia, alle novità del calciomercato, al video “Very Funny!!!” del cagnolino e ai selfie degli amici al mare. Senza destare particolare scandalo. 

Se non è assuefazione 2.0 questa, allora ditemi voi che cos'è.