Archive #5: All Mad for the Mobile

01/01/2013 10:30

The mobile phone affects not only our modes of communication and behavior but also our own emotional life(Originally published on: Solidarietà Come n.233 - 01-09-2005 - Language: Italian)

TUTTI PAZZI PER IL CELLULARE

Il telefonino influisce non solo sulle modalità comunicative e di comportamento ma anche sulla nostra stessa vita affettiva

di Corrado Calza

Chi vi scrive non ha il cellulare. «Aaah! Orrore, orrore!» è la reazione nella maggior parte dei casi. «Ma come fai?» è la domanda successiva. Vivo benissimo lo stesso: come facevo e come facevano tutti fino a quindici anni fa che non c’erano nemmeno le valigette TACS. «Aspetto una tua chiamata sul cellulare» si diceva. Sì, seduto sul cellulare, perché pesava quanto oggi un computer portatile. «E se ho bisogno di contattarti urgentemente, come faccio?» parte il terzo affondo, ma io sono pronto. Mi lasci un messaggio in segreteria e appena arrivo a casa lo sento e ti richiamo; non sono un medico chirurgo specializzato in medicina d’urgenza: anche se aspetti – chessò – sei ore, non muore nessuno e la Parmalat fa crack lo stesso.

«Ah fortunato lei» rispondono invece altri. «Da quando ce l’ho è un disastro: il mio capo mi chiama a tutte le ore del giorno e della notte e se mi azzardo a tenerlo spento la domenica pomeriggio, si permette anche di farmi osservazione.

Date queste premesse, vi sarà facile immaginare la reazione quando la Franco Angeli mi ha proposto di recensire un libro intitolato Psicopatologia del cellulare.

È un libro che chiunque di noi avrebbe potuto scrivere: basta guardarsi attorno, non necessariamente tra gli amici o i parenti: anche solo una passeggiata in centro, una fila in posta, un tragitto su un mezzo pubblico o una cena in un ristorante danno un ampia casistica di comportamenti aberranti giustificati solo dalla presenza del cellulare. L’unica differenza è che noi, alla fine, possiamo giudicare chi attua questi comportamenti usando termini come “maleducato” o nella migliore delle ipotesi “non equilibrato”, mentre Luciano Di Gregorio, autore del summenzionato volume e psicologo, gruppoanalista e psicoterapeuta attivo a Milano, utilizza tutt’altra terminologia ben più allarmante.

Norma o patologia?

Vostro figlio sembra proprio non riuscire a fare a meno di trascorre ore della propria giornata a mandare SMS agli amici e alla fidanzatina, digitandoli sulla microtastiera del telefonino a una velocità difficile da misurare con i comuni parametri umani? Sta attuando “comportamenti compulsivi”. L’uomo che viaggia accanto a voi in tram di ritorno dal lavoro ogni mezzo minuto estrae il suo tecno-gingillo dalla tasca della giacca e controlla con apprensione se ha perso qualche chiamata, navigando all’interno degli intricati menu a sua disposizione? Costui ha invece conservato “abitudini onanistiche proprie della prima e seconda infanzia.” Ma non è grave: si legge infatti nel libro che può essere “…pretestuoso cercare una differenziazione tra normale e patologico in quanto quello che appare normale, anche solo statisticamente, è anche patologico, (…). Nello stesso tempo quello che si considera come un comportamento patologico (…), è da considerarsi normale, perché fa aprite dei nuovi modelli di comportamento umano…” Insomma pare che noi si sia proprio destinati a …ridurci così!

Se il nostro vicino di tavolo in un ristorante sul mare dichiara al telefonino di essere al convegno di Pavia, ammiccando alla giovane compagna che gli siede di fronte, noi sorridiamo e pensiamo a un bel paio di corna. Ma piuttosto dovremmo pensare a “…condotte decisamente esibizionistiche, soprattutto se rapportate alla difficoltà con la quale, normalmente, le persone introducono temi molto personali nella conversazione con estranei.”

«E la Cicci come sta? …Ah, è a Cortina! …Ma lui è con lei? …Dio come mi sta sullo stomaco quell’uomo; chissà cosa ci avrà mai trovato… Eh, povera stella!»

Un po’ è esibizionismo sull’onda dei reality show oggi tanto popolari, ma un po’ è anche dimostrare, ostentare che si fa parte di un ampio giro di amicizie, magari anche importanti, che hanno sempre tanto – ah, davvero tanto – bisogno di parlare con te. “Sembra, cioè, che il cellulare risponda in primo luogo alla necessità di controllo della relazione a distanza, rassicurando sulla possibilità di interagire col mondo in qualunque momento, e contemporaneamente soddisfare anche il bisogno di mediare la reazione, di tutelare la persona dal contatto fisico e dalla comunicazione verbale, spontanea e diretta, con l’altro.” Come a dire: ci sono e non ci sono, esercitando così il diritto “…di possedere qualcuno, e di poterlo in seguito lasciare quando si vuole, per esempio, non chiamandolo più e spegnendo il cellulare.” Si tratta, in buona sostanza, di “…un possesso illusorio che ha lo scopo preciso di padroneggiare la realtà.”

Ah, l’amore

Quando entra in gioco relazione affettiva, è possibile osservare ancora meglio il ruolo giocato dal cellulare, che è in sostanza quello di permettere l’esercizio di un controllo dell’incertezza che si manifesta davanti all’assenza d’informazioni sull’amato. Se poi a un certo punto non sentire il proprio interlocutore sentimentale per una mezza giornata porta subito a pensare che il rapporto sia in crisi, “…vuole proprio dire che il cellulare ha prodotto una distorsione della realtà.”

In pratica, sostiene l’autore, “L’uso sistematico del telefonino produce una dipendenza che si alimenta da sola: essa si autoproduce ogni qualvolta si ricorre allo strumento ausiliario per soddisfare un bisogno o placare un’ansia. L’abitudine al contatto continuato, la frequenza delle telefonate, trasformano la percezione del tempo e della distanza, dimensioni con le quali siamo abituati a misurare la nostra personale tolleranza alla separazione e scopriamo che si riduce sempre di più.”

“Ma quale è l’effettivo vantaggio di avere tutta questa tecnologia a propria disposizione, siamo davvero così indaffarati da dover sfruttare ogni pausa della giornata per interagire col mondo, oppure è tutta una mitologia del comportamento umano che si accompagna al progresso tecnologico? (…) La nuova tecnologia servirà davvero a migliorare la qualità della nostra vita o sarà, al contrario, una nuova incombenza, una forma di schiavitù rituale che la peggiorerà?” Forse, tanto banalmente quanto tragicamente, la risposta l’ha già data un recente rapporto dell’Eurispes in cui viene segnalato un preoccupante incremento in Italia delle vendite di psicofarmaci.

E nessuno ha ancora agitato lo spettro del Grande Fratello UMTS! Altro che convegno di Pavia: sarà presto possibile non solo sapere il dove e il quando ma, incrociando i dati della carta di credito, anche che cosa ha ordinato la nostra giovane amica adulterina.