Amo il giornale, quello di carta

05/12/2022 11:02

Amo leggere il giornale. Sono un vecchio nostalgico? Probabilmente sì... O forse no.

Ci vuole tempo per leggere il giornale, quello di carta intendo, ma io di tempo ne ho o quanto meno ne trovo sempre per leggere il giornale. Non è come nelle piattaforme o negli aggregatori di news che leggi un titolo e poi sotto ce n’è un altro e sotto un altro ancora e sotto un altro ancora e sotto un altro ancora all'infinito, che ti prende la smania del "what’s next", cosa c’è dopo, e swappi meccanicamente. Sotto il titolo del giornale c’è il sommario e se l’articolo non ti convince, magari leggi il catenaccio e se davvero poi decidi che non ti interessa, prima di girare pagina, cerchi comunque se c’è un altro articolo, un trafiletto, qualche cosa che attiri la tua attenzione. Ci vuole calma, non si può leggere il giornale camminando. Devi sederti e fare con calma; al massimo puoi stare in piedi, appoggiato di schiena a un muro con una gamba ripiegata sotto.

Anche il giornale è fatto con calma, non in tempo reale, il giornale si chiude alla sera. Al giornale manca la fretta degli altri mezzi di informazione. Il giornale non deve essere il primo a dare la notizia, non soffre di quest'ansia da prestazione, non ha paura di "bucare" una notizia tanto da pubblicare la qualsiasi anche senza riscontri (sebbene a volte succeda, in verità). Non ha la smania né la pretesa di far capire subito tutto (se e quando c'è qualcosa da capire). Non ha la diretta, non è nella sua natura essere rapido ma può, anzi deve, essere tempestivo. Non rincorre la notizia, la incontra più tardi, quando c'è quel poco di polvere sopra, che di questi tempi è già cosa davvero rara!

 

Medium, framing e altri inglesismi

Amo leggere il giornale e, senza tirare in ballo McLuhan, de Kerckhove o Postman, quando lo leggo comprendo chi sostiene la tesi secondo cui al variare del mezzo cambia il rapporto che abbiamo con il contenuto. Le tecnologie della comunicazione digitale svolgono un ruolo cardinale di guida della società contemporanea, creano l’ambiente intorno a noi e noi a questo ambiente ci adattiamo, in un circolo che può essere virtuoso o vizioso. D'altro canto, ieri era: "L'ha detto la TV" e oggi è: "L'ho visto su Internet". Formalmente non c'è alcuna differenza e allora io continuo a leggere il giornale.

 

Fake News

Amo leggere il giornale, quello di carta intendo, perché mi tiene lontano da due irritanti anglicismi: click-byte e Fake News. Sul quotidiano il primo non ha ragione di esistere perché ormai la tua copia l'hai già bell'e comprata. Al massimo trovi la pubblicità dell'inserto in edicola domani o del libro in allegato a soli n euro e 99 oltre il prezzo del giornale.
Anche le Fake News, nel senso stretto del termine, sul quotidiano non ci sono. Al massimo trovi un'informazione schierata, ma siccome sai bene fin da subito da che parte sta il tuo giornale, allora ti basta di fare la tara su quello che leggi per valutare le opinioni e le prese di posizione. Non voglio banalizzare: so bene che le notizie false esistono da ben prima dell'avvento dei Social e che manipolare la realtà è sempre stato un obbiettivo del Potere. Ma se la propaganda è apertamente top-down e quindi, in qualche modo, facile da screditare, al contrario le Fake News sono ormai molto difficili da riconoscere e quindi da confutare (ma estremamente semplici da propagare), perché non più User Generated Content ma prodotte con metodi professionali. Purtroppo nessuno scienziato, divulgatore o giornalista riuscirà mai a smentire in tempo una Fake News ben fatta, perché i tempi della conoscenza sono incompatibili con i tempi della notizia e ben poco possono stravaganti iniziative istituzionali come il "Ministero della Verità" (© Giovanni Pitruzzella, liberamente tratto da George Orwell) o le pagine istituzionali di debunking o i bollini rossi sui profili Social.

 

L'autorevolezza è artigianato

Amo leggere il giornale perché, nel bene e nel male, mi fido. Da quando il giornalismo è diventato un mestiere di tutti, e quindi di nessuno, abbiamo abbandonato il "vecchio" paradigma verticale, basato sull'autorevolezza e il prestigio. Ora frequentiamo una piazza aperta al mondo, dove le gerarchie sono appiattite e le distanze tra le funzioni del fare e del fruire informazione azzerate. Nelle nuove officine della notizia sono assenti i filtri dei corpi intermedi di controllo, in pratica la mediazione degli istituti scientifici e di ricerca, degli organismi politici e culturali e dei media “tradizionali”. Il confine tra notizie e opinioni, tra fatti e interpretazioni si è fatto più sottile ed elementi come credibilità e fiducia hanno perso valore.
Amo leggere il giornale perché riconosco nei professionisti della carta stampata un approccio artigianale al lavoro. La redazione come bottega e il lap-top come borsa degli attrezzi, per costruire un osservatorio competente da cui interpretare la quotidianità e da cui impedire che, nel indifferenza generale, il dubbio diventi certezza e i pregiudizi si rapprendano in convinzioni, trasformandosi in opinione.
Il giornale mi aiuta a oppormi all'assedio da iperconnessione, ipersollecitazione, sovraesposizione e iperconvergenza che tutto riduce a pensiero comune, a luogo comune, a consenso e fedeltà al mainstream, in una grande bolla di ideologia alla moda (© Battisti-Panella), dove la fedeltà tribale conta più della consapevolezza. Il giornale mi dà accesso alla figura di un professionista – il giornalista – obbiettivo, che dà voce a tutti ma non rimane neutrale per non diventare complice di una parte. Che cioè ha il dovere e la responsabilità di offrire una narrazione coerente e autentica. E non è poco per soli € 2!

 

Lotta d'élite

Amo leggere il giornale e sentirmi parte di un'élite. Adoro essere guardato con diffidenza e sospetto da tutti coloro che combattono i poteri forti, le lobby ebraiche, le dittature sanitarie, i giganti bancari e le massonerie finanziarie, le potenze egemoniche, le oligarchie digitali, le caste in genere, i complotti dell’establishment, gli apostoli e/o discepoli dello scientismo, le consorterie tra i grandi club, le multinazionali, la globalizzazione e i numerosi altri “loro, che tutti sappiamo bene chi sono”. Adoro essere guardato con diffidenza e sospetto da coloro che negano qualsiasi competenza e autorità e che, in uno spericolato cortocircuito, rifiutano ogni mediazione perché proprio nelle mediazioni individuano la causa del malcontento da debellare.
La maggiore complessità del nostro vivere quotidiano, che deriva da un maggior accesso a una maggiore quantità di contenuti attraverso un maggior numero di mezzi, si traduce in uno sbilanciamento nell'attenzione e nel valore dati alle interpretazioni, rispetto ai fatti in sé. Interpretazione a cui si aderisce polarizzandosi in un accettazione o in un rifiuto, su basi ideologiche e pregiudiziali, ed escludendo il confronto.
L'élite di coloro che amano leggere il giornale, combatte tutto questo. Combatte per diffondere il gusto della semplicità, che non è semplificazione, del contraddittorio, del relativismo storico e culturale, della negoziazione e del compromesso anche se, anziché di diffondere il gusto, troppo spesso si limita a coltivarlo, predicando ai convertiti, in un esercizio autoretorico e autoerotico, non a caso caratteristico proprio delle élite.

 

Il web di qualità

Amo leggere il giornale, quello di carta intendo, e forse avete ragione: la mia visione è molto naïf e ingenua e io sono soltanto un vecchio nostalgico. Lo so che anche nel web ci sono delle "cose" di ottima qualità e io ringrazio tutti il giorni i professionisti che le realizzano, ma io ho appena finito di leggere il giornale e ora sono motivato, carico e pronto per cominciare a inseguire le urgenze di oggi. Chi come me soffre di "sindrome del milanese" è convinto che essere sempre di corsa sia qualche cosa di cui vantarsi. E allora corro. Ma domani mattina, come prima cosa, passo in edicola, saluto Matteo, compro il mio giornale e me lo leggo, tutto. Io amo leggere il giornale.

 

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